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Battaglia nel cielo

Presentato con enorme clamore all'ultimo festival di Cannes, il film segna la seconda prova alla regia di Carlos Reygadas, dopo il suo esordio di "Japòn"

Battaglia nel Cielo

12.04.2007 - Autore: Giulio Frafuso
Batalla en el cielo, Messico/Belgio/Germania, 2005.
Di Carlos Reygadas;
con Marcos Hernàndez, Anapola Mushkadiz, Berta Ruiz, David Borstien, Rosalinda Ramirez

Marcos (Marcos Hernàndez), ha 50 anni e conduce una vita miserrima: lavora come autista per una ricca signora, è troppo grasso ed ha una moglie che non sembra amare; insieme alla donna decide di provare a racimolare un po’ di soldi, e rapisce il figlioletto di un generale, deciso a chiedere un sostanzioso riscatto. Il piano criminoso viene esso in atto, ma la tragedia è dietro l’angolo: il bambino muore accidentalmente, e la coppia rimane nella più completa confusione. Mosso dai suoi tremendi sensi di colpa, Marcos confessa il proprio reato ad Ana (Anapola Mushkadiz), la figlia del suo capo, la quale occasionalmente sceglie la via della prostituzione. Il rapporto che si instaura tra queste due figure di sbandati porterà a conseguenze estreme ed impreviste… 

Per gli spettatori che amano dal cinema uno spettacolo “forte”, dai sapori non suggeriti ma al contrario urlati, sbattuti in faccia, questo “Battaglia nel cielo” non può che piacere. Presentato con enorme clamore all’ultimo festival di Cannes, il film segna la seconda prova alla regia di Carlos Reygadas, dopo il suo esordio di “Japòn” (id., 2002).

Il 34enne regista messicano continua nella sua ricerca estetica volta verso uno stile folgorante ai limiti del visionario, realizzando un’opera che si pone come spettacolo di enorme vigore visivo, fino a sfiorare in alcuni momenti la soglia pericolosa dell’eccesso. La violenza visiva e contenutistica del film sembra però voler sempre raccontare altro al posto di quello che avviene sullo schermo: il timbro che “Battaglia nel cielo” possiede infatti quello di una sotterraneo, ma incalzante atto di denuncia nei confronti di u sistema politico, sociale e morale in cui si muovono i protagonisti del film. Volutamente sgradevole, ai limiti dell’osceno, questo film adotta proprie queste armi per porsi come urlo, come opera-bandiera di un cinema che non ha paura di scandalizzare, se ciò può aiutare a testimoniare le ragioni del disagio che provoca e che contiene in sé. Coraggioso anche nella sua retorica e programmatica sfrontatezza, il lungometraggio di Reygadas è un vero e proprio pugno nello stomaco. Per quanto può sembrare – come hanno scritto molti critici – non è però gratuito. Tra tanto cinema che programmaticamente sceglie di non scegliere, noi parteggiamo in fondo per coloro che, come Reygadas, pecca forse in eccesso e invece di raccontare “disturba” il pubblico con le sue idee ed i suoi messaggi.