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Basement Jaxx: "Rooty" (XL Recordings)

Il nuovo lavoro dei Basement Jaxx prende il nome da una serata che i due tenevano in un pub irlandese dalle parti di Brixton. Un ottimo test sonoro anche per le nuove composizioni dell'album.

copertina basement jaxx

19.05.2009 - Autore: Luca Perini
Il nuovo lavoro dei Basement Jaxx prende il nome da una serata che i due tenevano in un pub irlandese dalle parti di Brixton. Un ottimo test sonoro anche per le nuove composizioni che nel corso di soli tre mesi sono diventate lanima del nuovo Rooty. I paladini di Remedy colpiscono ancora nel segno corroborando sempre più la già spiccata attitudine psichedelica ad osservare il dancefloor come un enorme collage ricco di frammenti e rifrazioni. Quindi un album dance, caricato di sanguigno funk digitale ed effervescenti incursioni ritmiche che ordiscono trame dalle conseguenze certe ma imprevedibili sulle sedimentazioni del jazz e dellhip hop. Anche il pop, negli ultimi tempi largamente chiamato in causa, finisce per essere assorbito dalla loro frenetica ed onnivora attività di fronte al mixer. Ogni suono, ritmo o precisa idea melodica vengono infatti sviluppate in rapporto al loro contenuto emotivo e percettivo. Proiettato in un non luogo dalle infinite possibilità e rappresentato dal nucleo sonoro di ogni loro traccia. In questo senso cè posto per ogni ispirazione che non svilisca il risultato finale in un effettistica scontata e commercialmente senza scrupoli. Se la musica latina diviene il nuovo centro di gravità permanente del mercato, i Basement Jaxx si spostano di qualche grado più avanti. La migliore condizione di creatività è proprio in questa ricezione continua e instabile di stimoli e riflessi che i due hanno saputo catturare e sintetizzare dalle loro esperienze. Di questo percorso la grande lezione afroamericana di Prince resta come una vera e solida radice. Nel nuovo lavoro troviamo la voce di Kele le Roc, un eccitante vessillo vocale che scalda gli sfoghi R&B di Romeo e Wheres your head at in cui si condensano gli umori più garage e punk e che tra laltro è possibile ritrovare nella colonna sonora del gioco Tomb Raider. Il pop incontra lelectro e si fa male rimbalzando di basso in basso nel brano Crazy Girl, mentre gli effetti delle loro caleidoscopiche manipolazioni possono essere subiti anche in brani come Breakaway e Do your thing, questultimo dalla prorompente carica gospel affidata ad Elliot May. Per arricchire i propri territori di futuristica e futuribile instabilità sonora hanno convocato invece il dj chicagoano Derrick Carter in perfetta e surreale sintonia con le mosse suggerite dal duo.
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