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Avalon

Grande attesa a al Future Film Festival di Bologna per la presentazione del lungometraggio di Mamoru Oshii "Avalon".

future film festival

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Grande attesa a al Future Film Festival di Bologna per la presentazione del lungometraggio di Mamoru Oshii Avalon, pellicola che già aveva fortemente impressionato il pubblico allultimo festival del cinema di Cannes, suscitando non pochi contrasti e perplessità nei critici di tutto il mondo; il film, diretto dallo stesso autore dellinquietante lungometraggio di animazione Ghost in the Shell (id., 1995), rappresenta unardita commistione tra riprese dal vero, con attori in carne ed ossa, con effetti speciali ed inserti digitali di sconcertante intensità visiva. Dal punto di vista della pura resa cinematografica infatti lopera si rivela, fin dalla scena di battaglia iniziale, come qualcosa di estremamente prezioso: soprattutto la scelta estetica di mescolare una messa in scena fatta di immagini sporche, decisamente contrastate a livello cromatico che arriva addirittura al bianco e nero - , con effetti speciali digitali allavanguardia, rende il tutto avvincente da vedere. Anche lambientazione della vicenda (il film è stato girato in Polonia nel 1999), soprattutto gli ambienti scarnificati ed improntati ad una stilizzata povertà, contribuisce ad un effetto che vuole essere onirico ed insieme disturbante, angoscioso. Oshii ci regala una coerente struttura visiva, almeno nella prima parte della pellicola: dalle scenografie alla fotografia, dal trucco alle interpretazioni degli attori, tutto contribuisce a fornire la pellicola di un senso oppressivo e delirante; purtroppo però al magnifico impianto estetico dellopera non si affianca una struttura narrativa che possa supportarlo adeguatamente, in modo da costruire un film non soltanto bello da vedere, ma anche interessante da seguire nel suo svolgersi. La sceneggiatura di Avalon invece mal si adatta ai criteri necessari per un lungometraggio: lerrore fondamentale degli autori è stato forse quello di voler trasportare in un film dal vero ritmi e situazioni che andavano bene per i loro precedenti cartoni animati, in cui la dilatazione degli eventi o improvvisi squilibri di ritmo narrativo venivano adeguatamente compensati dalla splendida fattura dei disegni animati. Qui invece, trattandosi appunto di cinema live-action, la storia procede troppo lentamente in molti punti, arenandosi decisamente in un finale addirittura stilizzato e noioso per di più Oshii perde anche la coerenza stilistica della prima parte del film, ambientando le ultime scene in un mondo a colori sciatto nella messa in scena e monotono nella rappresentazione dei colori, quando invece la precedente saturazione dellimmagine, tendente verso il bianco e nero, risultava molto più affascinante. Lultima sequenza, che si svolge durante un concerto di musica classica, non ha la forza necessaria per concludere adeguatamente lo svolgersi della vicenda: il dubbio che subito ci viene è che Oshii abbia voluto coscientemente rendere il mondo reale molto più insignificante rispetto a quello onirico della storia, ma per seguire questa sua idea ha sacrificato troppo in fase di realizzazione. Peccato davvero, perché anche se la trama dellopera risulta alla fine essere piuttosto ardua da capire, ciò nonostante questa sua caratteristica contribuisce ad aumentare il fascino dellintera operazione, che daltronde non intendeva certo puntare sulla semplicità della storia, cosa che daltra parte neppure si addice ad un film come Avalon, opera tutta rivolta verso un tipo di cinema che vuole coniugare le nuove tecnologie in campo animazione e di effetti speciali con il la fattura più preziosa della Settima Arte. Lesperimento è appunto riuscito in pieno per quanto riguarda la resa estetica, a cui però non è stato affiancato un plot capace di coinvolgere lo spettatore meno smaliziato, che così si trova davanti un lungometraggio molto bello da vedere, ma troppo lento e diluito nel tempo per essere facilmente seguito. Avalon rimane perciò un film per un pubblico ristretto o per gli affezionati dellautore, mentre con una più oculata (o magari soltanto furba) operazione di strutturazione della vicenda sarebbe potuto diventare unopera capace di incontrare il favore di molti più spettatori in tutto il mondo.  
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