NOTIZIE

Mia madre: Nanni Moretti e l'elaborazione del lutto

Torna il regista romano con un'opera semplice eppure coinvolgente sul tema della perdita

Mia madre

19.04.2015 - Autore: Alessia Laudati
Dopo il lutto di un figlio, Nanni Moretti indaga sulla morte di un genitore all'interno della sua opera meno tragica sul tema della perdita e dell’inadeguatezza. Infatti, sarebbe un errore considerare “Mia madre” come un dramma che spinge eccessivamente sulle corde emotive dello spettatore, anche potendo in questo senso contare sulla stretta connessione tra le vicende raccontate e quelle vissute in prima persona dal regista romano. Piuttosto il film sembra restituire alla dimensione della scomparsa, una tenerezza, un calore e un’umanità che difficilmente trovano spazio all’interno del cinema nostrano.

Quest’ultimo è infatti spesso avaro sia di coraggio nell’esplorazione di certi tabù, sia di originalità, quando si accontenta solamente di fare leva sulla per certi versi facile commozione del pubblico. “Mia madre” però va in un’altra direzione. Sì, perché il film sembra possedere un sentimento di tenerezza e di indulgenza nei confronti del dolore e del senso di inferiorità che in qualche modo da esso derivano, per il quale non ci si riesce mai ad abbandonare definitivamente al naufragio degli altri, ma piuttosto lo si accarezza continuamente con pudore e partecipazione.

E il merito di questa prova va quindi all’onestà intellettuale di Moretti, alla sua indiscussa capacità, più chiara negli ultimi anni, di creare opere semplici, essenziali, eppure allo stesso modo coinvolgenti, che descrivono perennemente il nostro stare al mondo in maniera imperfetta, nevrotica ma allo stesso tempo appassionata.

“Mia madre”, pur non possedendo il respiro universale e la freschezza di “Habemus Papam”, è una declinazione interessante sul tema della morte, sorretta in larga parte da una Margherita Buy meno ingessata nel ruolo della nevrotica e dall’unico portatore sano di trivialità del film, John Turturro.
FILM E PERSONE