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Vent'anni di Matrix, ecco come il film con Keanu Reeves ha cambiato il cinema

Il 31 marzo 1999 (il 7 maggio in Italia) usciva il film di fantascienza delle Wachowski. Cos'è rimasto vent'anni dopo?

Matrix

15.03.2019 - Autore: Marco Triolo
L'elezione di Donald Trump a scapito di Hillary Clinton; la Brexit; l'ascesa delle destre anti-europee. Cos'hanno in comune tutti questi avvenimenti? Secondo alcuni, sarebbero la prova che stiamo vivendo in una realtà simulata, e che qualcosa è andato storto nell'algoritmo che la regola. È un po' una speranza vana, un arrampicarsi sugli specchi per evitare di affrontare le emergenze della società odierna. Ma, a differenza delle teorie terrapiattiste, questa è sostenuta anche da un certo numero di scienziati.

 
Il concetto è semplice: “Quarant'anni fa avevamo Pong, due rettangoli e un puntino”, spiega Elon Musk, fondatore di Tesla e Space X. “Oggi abbiamo simulazioni fororealistiche in 3D nelle quali milioni di persone giocano simultaneamente, e ogni anno migliorano. Presto avremo la realtà virtuale, avremo la realtà aumentata”. “Se assumiamo che il tasso di miglioramento si manterrà costante, allora i videogiochi diventeranno indistinguibili dalla realtà”. E nemmeno in un tempo troppo lungo. Ciò che certi scienziati sostengono, in sintesi, è che ci sono probabilità non indifferenti che noi tutti ci troviamo già dentro una simulazione di realtà, programmata da intelligenze superiori o dai nostri stessi pronipoti, curiosi di ricostruire la vita nel Ventunesimo Secolo. Chi ha bisogno di un libro di storia quando puoi creare una simulazione perfettamente realistica? E le intelligenze (artificiali) dentro la simulazione potrebbero mai rendersi conto che il loro mondo non è reale?

Sono questioni da perderci la testa e sono state tutte anticipate da un film di fantascienza epocale, uscito vent'anni fa. Matrix, il miglior film delle Wachowski (che all'epoca erano i Wachowski) ha segnato una generazione ed è, forse, l'ultimo grande film di fantascienza in termini di influenza su tutto ciò che è venuto dopo. Un film che non ha inventato nulla eppure ha inventato di tutto. Riprova del fatto che non è tanto importante inventare qualcosa di davvero nuovo, perché è impossibile, quanto saper mescolare gli ingredienti in maniera originale. Come fatto da James Cameron quando creò Terminator. Come fatto dalle Wachowski con Matrix.



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Perché Matrix è un melting pot di riferimenti presi dalla cultura popolare, dalla fantascienza classica (l'opera di Philip K. Dick) e moderna (Terminator, appunto), dal cinema orientale (su tutti quello di Hong Kong e John Woo) agli anime (Ghost in the Shell conteneva già il look di Matrix, cappotti neri e occhiali da sole). Ma portava tutto alle estreme conseguenze, rimescolava e piegava tutto quanto per raccontare una mitologia al passo coi tempi, capace di parlare alla generazione a cavallo tra la fine del Ventesimo e l'inizio del Ventunesimo Secolo. La generazione che per prima accolse nelle proprie vite in maniera capillare la tecnologia digitale, i personal computer e internet.
 
Ma quali sono gli ingredienti che hanno reso Matrix un fenomeno globale? Prima di tutto c'è il fascino del più classico schema del viaggio dell'eroe, che funziona sempre. Neo (Keanu Reeves) è un hacker sfigato, che fa un lavoro che odia e non ha una vera spinta ad andare avanti, finché non incappa in Morpheus (Laurence Fishburne), un mentore che lo rende partecipe di una verità impensabile. E così Neo accede a un livello superiore di conoscenza e diventa addirittura un supereroe, capace di lottare, sparare e persino volare. È la fantasia escapista numero uno per milioni di persone: sei un signor nessuno, poi arriva uno che ti dice “Sei l'eletto” e ti regala dei superpoteri.



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Già qui è impossibile non vederci Philip K. Dick, autore che ha fatto dell'ambiguità del reale la sua cifra stilistica. Prendiamo Atto di forza, tratto da un suo racconto: Arnold Schwarzenegger interpreta un uomo che si fa impiantare ricordi falsi (o forse no?) in cui lui è in realtà un agente segreto in missione su Marte, e finisce per salvare il pianeta rendendolo abitabile, uccidere un despota e andarsene con la ragazza. Matrix intercetta tutto questo, toglie l'ambiguità di fondo (da una parte c'è la simulazione di Matrix, dall'altra la realtà vera) e, dando un clamoroso colpo al cerchio e uno alla botte, viene incontro alle domande del pubblico pur mantenendo un grado di intelligenza superiore alla media dei blockbuster dove esplodono le cose.
 
Ma non sta tutto in questo l'appeal di Matrix. Di certo un ruolo importante lo gioca anche il look. Cappotti di pelle nera, occhiali da sole all'ultimo grido. Un'uniforme che, dal punto di vista narrativo, non ha alcun senso: quando entri in Matrix puoi avere l'aspetto che vuoi, perché sceglierne uno così riconoscibile se il tuo intento è passare inosservato? Eppure anche qui entra in scena la lungimiranza delle Wachowski: il look alla Matrix, mutuato, come già detto, da Ghost in the Shell di Mamoru Oshii, spopola. Per un po' le strade si riempiono di ragazzi (soprattutto studenti di informatica) di nero vestiti. Ascoltano Marilyn Manson, Prodigy, Rage Against the Machine (tutte band nella colonna sonora epocale del film). Si avvicinano al metal, al nu metal, alla musica e allo stile dark. Trovano, come Neo, nuove ragioni di vita e nuove passioni. E all'improvviso non sei più uno sfigato se sei un nerd che ama i linguaggi di programmazione più di una serata in discoteca: sei semplicemente uno che ha visto oltre il velo di Maya. Uno che SA.

 
Stilisticamente, poi, il film è uno dei principali responsabili dell'invasione orientale nel cinema americano. Le Wachowski guardavano ai film d'azione e di arti marziali di Hong Kong e assoldarono il leggendario coreografo e regista Yuen Woo-ping in quanto esperto di wire fu, le coreografie di arti marziali realizzate appendendo gli attori a dei cavi. Matrix, che, lo ricordiamo, è un film realizzato nel passaggio tra due secoli e in un'epoca in cui la CGI non era ancora ai livelli quasi perfetti di oggi, necessita di questi stunt fisici per vendere le acrobazie impossibili dei protagonisti, in grado di sfuggire alla gravità perché la gravità, in Matrix, non esiste davvero.
 
L'idea geniale delle Wachowski è dunque quella di fondere effetti pratici, realizzati con una tecnica vecchissima, e moderna computer graphic. Nasce il Bullet Time, tecnologia che utilizza un set di fotocamere che, guidate da un computer, scattano una serie di istantanee di una scena. L'effetto ottenuto scollega la velocità della carrellata, percepita come normale, da quella del personaggio in scena, che si muove invece al ralenti. Il Bullet Time avrebbe segnato gli anni successivi, salvo svanire in fretta e invecchiare piuttosto rapidamente. È una di quelle cose che definisce inequivocabilmente l'età di un film, come le zoomate anni '70 o i bambini in bicicletta negli anni '80.



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Certo, bisogna ammettere che questo vale un po' per tutto il film. Matrix è un concentrato di idee, di scrittura e visive, legate a un'epoca talmente precisa, e ha un senso della coolness così specifico, che già dieci anni dopo era quasi tutto datato. Quelli che avevano preso a vestirsi di pelle nera avevano smesso finita l'università. Come un adolescente che brucia di passioni tanto intense quanto effimere, Matrix aveva fatto il suo corso.
 
Eppure, se a livello superficiale il suo look è stato accantonato, è impossibile non ritrovare il marchio di Matrix in tutte le storie Young Adult di giovani ragazzi qualunque che scoprono che la realtà non è come sembra, che sotto la superficie si nascondono terribili cospirazioni. Matrix, sotto questo aspetto, forse il più cupo, è un film più che mai attuale, in quest'epoca di complottismi in cui vediamo rettiliani a ogni angolo di strada, in cui la post-verità ha sostituito l'infallibilità della scienza, la paranoia il buon senso.

 
Ma se lasciamo perdere tutto questo, abbiamo ancora di fronte un film divertentissimo, un'avventura classica e moderna allo stesso tempo. Una summa di amori cinematografici e un testamento della fine di un'era, e dell'inizio di una tutta nuova.