NOTIZIE

V for vendetta

Tratto dallo straordinario romanzo grafico di David Lloyd ed Alan Moore e sceneggiato dai fratelli Wachowski il film può essere considerato uno dei lungometraggi più belli e controversi degli ultimi anni

V for Vendetta

19.05.2009 - Autore: Adriano Ercolani
Usa, 2006.
Di James McTeigue; con Hugo Weaving, Natalie Portman e Stephen Rea

In un futuro non molto lontano il governo inglese ha assunto le forme del totalitarismo: il popolo è vessato ma non riesce a reagire, spaventato ed inerme. A dare voce all’insoddisfazione temporale arriva un terrorista che si fa chiamare semplicemente “V” (Hugo Weaving).  L’uomo indossa la maschera di un certo Guy Fawkes, che nel 1605 cercò di far saltare in aria il Parlamento inglese per restituire alla gente la libertà. Dopo una serie di atti terroristici volti a destabilizzare il sistema, “V” promette che il 5 novembre, anniversario del tentativo fallito di Fawkes, egli riuscirà dove il suo predecessore è fallito. Sulla strada dell’eroe capita la giovane Evey (Natalie Portman), che senza volere si trova coinvolta nelle azioni di “V” e diventa più o meno volontariamente sua complice. Il percorso di maturazione che la ragazza inizierà al fianco di “V” la porterà ad aprire gli occhi sulla reale situazione del suo paese e soprattutto della sua vita.

Prima indicazione fondamentale per gustare in pieno questo film: non sottovalutatelo, non scambiatelo per il solito prodotto d’intrattenimento zeppo di action ed effetti speciali.

Tratto dallo straordinario romanzo grafico di David Lloyd ed Alan Moore (che però ha preso le distanze dalla trasposizione cinematografica e non ha voluto farsi accreditare), questo “V per vendetta” può a buon diritto essere considerato uno dei lungometraggi più controversi degli ultimi anni: la portata eversiva del suo “testo” politico – inutile parlare di sottotesti, qui il discorso è pienamente presente in superficie – è probabilmente il fattore che del film maggiormente colpisce in profondità; la potenza di penetrazione dell’opera sta tutta nella bellezza del suo protagonista, un eroe-vendicatore anarchico, violento e radicale, emblema di una sete di giustizia che può trasformarsi in fanatismo e lucida determinazione. La forza di penetrazione del discorso di “V per vendetta” sta proprio nella voluta ambiguità del suo personaggio principale, che combatte con mezzi tutt’altro che legittimi l’oppressione di padrone schiavista. Gli interrogativi che il film apre e vuole dibattere sono dunque senz’altro di enorme portata prima etica e conseguentemente politica. Tutto questo inserito in una messa in scena che per almeno un’ora e mezza possiede una potenza espressiva impressionante: dal montaggio alla fotografia del compianto Adrian Biddle, dai costumi alla regia ispirata dell’esordiente McTeigue, tutto contribuisce a rendere la pellicola un qualcosa di cui non ci di dimenticherà tanto facilmente. A smorzare un po’ l’impatto dell’operazione un pre-finale che spezza inopinatamente la tensione dell’ascesa verso il climax, in cui il regista si concede forse un po’ troppo all’estetica cinematografica cara ai fratelli Wachowski  ("Matrix") - qui produttori e sceneggiatori. Ma in fondo poco importa, perché quello che ricorderemo di questo “V per vendetta” è lo spirito di penetrazione di un’opera che prima di tutto vuole giustamente far discutere attraverso i suoi contenuti, e quindi mettersi essa stessa in discussione. A nostro avviso, un gran film da non perdere.