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Un Allen minore

Non è piaciuto il ritratto di Roma troppo da "postcard". Non è piaciuta l'impostazione ad episodi nè la regia frettolosa ma quando sullo schermo c'è Woody qualcosa da salvare c'è sempre.

To Rome With Love - Roberto Benigni, Woody Allen

25.04.2012 - Autore: Francesco Spinazzola
I commenti raccolti da Woody Allen per questa sua ultima opera “To Rome with love” nella critica cinematografica sono nella quasi totalità negativi. Non sono piaciuti i soggetti, né la sceneggiatura. Non è piaciuta l’ambientazione, troppo da “postcard”. Non è piaciuta l’impostazione ad episodi. Non è piaciuta nemmeno la scelta e l’interpretazione degli attori. E poi su tutto pesa l’accusa di sponsorizzazione, da parte di compagnie aeree e/o di produttori di vini italiani. Insomma una serie di disastrose stroncature.


Devo dire che in parte condivido queste critiche: stiamo parlando di un Allen minore, la sua vena attuale, affievolita,  non è certo quella del fuoriclasse di “Crimini e misfatti” o di “Manhattan” . Ad esempio l’uso della cinepresa esibito nella panoramica a 360° di Piazza del Popolo, fra l’altro troppo ingenuamente simbolizzante lo spaesamento della protagonista dell’episodio (scoperto omaggio al Fellini dello “Sceicco bianco”), è francamente da dimenticare.


Non credo inoltre sia stata una scelta felice mantenere gli episodi slegati narrativamente. Avrei ad esempio suggerito un comune aggancio, un motivo di unificazione fra le vicende, che avrebbe potuto dar luogo in mano a Woody a soluzioni narrative inaspettate ed interessanti. Lo svolgimento narrativo degli episodi oltre ad essere scontato, fornisce un senso di incompiutezza e la psicologia dei personaggi, se descritta,  appare  approssimativa. Un film da dimenticare nella ricca filmografia dell’autore?  E soprattutto da sconsigliare a chi vuole andare al cinema? No, direi proprio di no. Anche quando Omero dorme, fa sempre dei sogni molto belli e sempre più interessanti di quelli dei comuni mortali. Nel nostro caso infatti, tanto per dire la prima, emergono delle interpretazioni di grande valore, che valgono senz’altro il prezzo del biglietto.


Quella di Woody, soprattutto, che disegna (come sempre e come sempre con una cospicua dose di autoironia) il ruolo di un americano di origine ebraica, particolarmente ricco di diffidenze nei riguardi degli italiani scialacquoni e parolai. Il suo chiuso atteggiamento però subisce un parziale ravvedimento quando si rende conto di poter fare un buon business con le doti canore, del tutto naturali del futuro consuocero. Specie nella scena dello stupore mentre è seduto a tavola, mi ha ricordato, con le dovute rimarchevoli differenze, le performance di Eduardo, che vidi da giovane. In secondo luogo posso affermare senza ombra di smentita che Benigni è ridiventato strepitoso, cosa che per altro ritengo gli sia accaduta in carriera solo se diretto da un altro. Meglio se si tratta di un grande come Woody. Problema di sobrietà?  A questo punto mi potreste domandare : va bene, le interpretazioni, ma poi cos’altro? Devo dire che mi intriga moltissimo la questione dell’origine ebraica dell’autore. Credo infatti  che Allen sia particolarmente attratto dal confronto tra  la natura mediterranea di Roma, dell’Italia  e le sue radici penso russo-israelite, ben presenti comunque nel suo DNA di americano new yorkese al 100%. C’è un’evidente commossa curiosità per i numerosi aspetti del carattere dei due popoli, condivisi fin dall’antichità nell’ambito di questo mare unificante, in un intreccio di rapporti culturali, economici e religiosi ovviamente, che hanno poi partecipato alla formazione della civilizzazione europea. La sua visione ha una forza che traspare nello scarno impianto filmico di questa opera, come nella grezza forma di un abbozzo scultoreo nel marmo. Altro che film dei fratelli Vanzina venuto male.


Ripeto tutto questo si riesce ad distinguere in questo film che è pur sempre un atto di amore per la madre mediterranea. L’amore e l’ammirazione quasi sconsiderata per Federico Fellini si manifesta a coronamento di questa dualità intellettuale. Vorrei sottolineare il fatto che ad oggi non conosco autori italiani che abbiano compreso e recuperato il valore dell’opera del grande riminese, che stiamo dimenticando inesorabilmente. Tocca a Woody mostrarcelo. Così come ci descrive e valorizza con simpatia e senza retorica la bellezza delle piazze e dell’architettura della città (non c’è solamente Piazza del Popolo). A me francamente le sue descrizioni della Città eterna non sono sembrate postcard. Nei cammei dedicati alle altre capitali europee  invece, in film apparentemente più riusciti, forse proprio perché più svincolato da condizionamenti di vario tipo, la sua razionalità è risultata ispirata con maggiore controllo. Le trame di quei film si sono svolte con maggiore scioltezza  e le storie, questo non si può negare attraevano maggiormente. Parlo anche del criticatissimo “Midnight in Paris”, che pur non essendo un capolavoro, era comunque un gran bel film. 

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