
Una storia semplice, quella di “Tutti per uno”, ma terribilmente quotidiana e attuale, che la realtà spesso ci fa affrontare in maniera ben più dura. Milana, bambina di origine cecena che vive a Parigi, rischia di essere rimandata nel suo paese d’origine dopo che la stessa sorte è toccata a Youssef, suo compagno di scuola elementare e del gruppo di amichetti, a dir poco scatenati, con cui la piccola gioca e si diverte. Ovviamente tutti quanti, con l’aiuto dei loro genitori, faranno sì che questo non accada. Come non ve lo raccontiamo, perché questa favola moderna va goduta al cinema, anche per sostenere un cinema diverso da quello dei grandi blockbuster e che quest’anno ha segnato un po’ il passo (un consiglio spassionato: se vi è piaciuto “Il concerto”, adorerete “Tutti per uno”).
Noi intanto abbiamo incontrato protagonista e regista, venuti a Roma per accompagnare il film che sarà nelle nostre sale dal 1° giugno, parlando di temi piuttosto forti e delicati. “Dopo le manifestazioni in favore dei sans papier del 1997, e soprattutto da quando Sarkozy è stato eletto presidente - spiega con decisione Goulpil - la situazione degli immigrati in Francia è radicalmente peggiorata. Lo straniero oggi è un nemico e a questa idea la società si è ormai arresa. Per questo in ‘Tutti per uno’ il mondo cercano di salvarlo i bambini”.

E proprio i bambini sono di solito un problema per i cineasti, ma non è stato questo il caso, soprattutto per Valeria Bruni Tedeschi. “Lavorare con i bambini è stata una grande lezione di vita, perché ti obbliga a fare questo mestiere con grande sincerità. A loro non puoi mentire e soprattutto è bello mettersi al loro stesso livello, ascoltarli, parlare con loro. Una sincerità che ho cercato di dare al mio personaggio anche in fase di scrittura, lavorando soprattutto sui dialoghi”.
Domanda d’obbligo: ma la Premiere Dame sua sorella l’ha visto il film? “E vostra sorella, l’ha visto il film?” No, ma se ce l’avessi la porterei al cinema. Fatelo anche voi, ne vale la pena.