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The assassination

"Nixon era un bravo Presidente, però quando usciva dalla Casa Bianca il servizio d'ordine contava l'argenteria", diceva Woody Allen. E' proprio Nixon l'ombra che si muove sullo sfondo della vita di Sam Bicke.

The assassination

12.04.2007 - Autore: Claudio Moretti
“Nixon era un bravo Presidente, però quando usciva dalla Casa Bianca il servizio d'ordine contava l'argenteria”, diceva Woody Allen. E’ proprio Richard “Watergate” Nixon l’ombra che si muove sullo sfondo della vita di Sam Bicke. Bicke si arrabatta come agente di commercio, non ha né denti né unghie per azzannare gli affari. Il suo capo gli offre come modello il 37° presidente degli States: è il più grande commerciante della storia, è riuscito a fregare gli americani per due volte. Bicke, invece, era uno che voleva che l’argenteria restasse al suo posto.

E’ la storia vera di un commerciante di mobili che a 44 anni si ritrova messo ai margini del mondo. Dalla moglie che lo lascia togliendogli pure i figli, dal lavoro, dal fratello, dalle banche. Intorno a sé inizia a vedere solo cattiveria e opportunismo: l’ex-moglie cameriera costretta ad una gonna appena accennata, e pacca sul sedere libera, per avere mance più laute. Ossessionato dal razzismo, sogna di avviare un servizio di riparazione gomme con il suo amico meccanico afro-americano Don Cheadle.

Si ritiene un creativo. In fondo ha le sue idee, come quando propone alle Black Panthers di prendere il nome di zebre per dar l’idea di accogliere anche i bianchi nelle proprie fila. Vien preso per un burlone. Sul fondo catodico della sua vita (insomma, in televisione) scorrono le vite di personaggi anonimi divenuti famosi grazie al crimine. Come i tentativi di attentati alla Casa Bianca. Bicke ne trae ispirazione, unendo la ricerca di essere notato all’odio per ciò che rappresenta Nixon. Voleva fare un grande assassinio, invece nessuno se ne accorge. Anche da criminale è una mezza tacca. Per i media il suo è solo un tentativo di dirottamento. Ecco la grande forza della sceneggiatura. Magari ci si poteva anche soffermare un attimo in più su questo passaggio, invece di lasciarlo sfumare via nei titoli dei coda e nei pensieri dello spettatore. Tuttavia, in un cinema malato dal desiderio di dire tutto, un po’ di ambiguità e sospensione sono ossigeno puro.

Ben messo in scena dall’esordiente Niels Muller che alterna camera a mano e camera fissa dimostrando forte sensibilità per la storia che racconta. Di solito la camera a mano un po’ mossa inquadra il controcampo di Bicke, per dare la sensazione della sua percezione del mondo incerta e in crisi. Sean Penn sopra le righe, ma nel suo modo naturale di esserlo senza andare mai sopra al film, ma accompagnandolo. Prendendolo per mano con il suo carisma smisurato. Siamo sempre al B-side del sogno americano. Alla fine resta la foto della sua famiglia che si alza e se ne va mentre Bicke cerca di metterla su pellicola. E’ la sua famiglia che lascia la sua vita. E’ l’ennesimo sogno americano che finisce sfocato.

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