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Sweeney Todd

A due anni dalla splendida accoppiata di "La sposa cadavere e "La fabbrica di cioccolato", Tim Burton torna al cinema con uno dei suoi lavori più riusciti.

Sweeney Todd

20.02.2008 - Autore: Adriano Ercolani
A due anni dalla splendida accoppiata di “La sposa cadavere" (Corpse Bride, 2005) e “La fabbrica di cioccolato” (Charlie and the Chocolate Factory, 2005), Tim Burton torna al cinema con uno dei suoi progetti personali che si rivela, ci sbilanciamo immediatamente, il suo lungometraggio migliore dai tempi de “Il mistero di Sleepy Hollow” (Sleepy Hollow, 1999).

La forza di questo film non sta nella sua perfezione strutturale, a dire il vero abbastanza discontinua, quanto invece nella grande verve registica a nell’impianto formale che il regista mette in piedi. Questo musical (quasi interamente cantato) parte in maniera piuttosto forzata, e nella prima mezz’ora il ritmo stenta decisamente a decollare, rallentato poi da musiche certo bellissime ma ridondanti, che hanno bisogno di una decisa accelerazione della storia per essere davvero efficaci.
Ad un certo punto però viene allestita una scena che cambia radicalmente il senso del film, lo “libera” della gabbia musicale e lo lancia verso un'altra dimensione espressiva. E quando finalmente viene fatta cadere la prima goccia di sangue, la pellicola si trasforma in un capolavoro.

Da questo momento in poi  “Sweeney Todd” si muove come un fiume in piena, e la miscela di immagine e musica sprigiona una potenza cinematografica forse mai vista in precedenza nel cinema di Burton.
Il regista dimostra immediatamente di non aver paura di osare, soprattutto a livello esplicitamente visivo, e costruisce un lungometraggio livido e violentissimo, dove il referente estetico è più che in passato il cinema horror della Hammer o dei nostri Fulci e Bava.
Nella seconda parte, quando la narrazione si fa più serrata ed avvincente, il film tiene letteralmente incollati alla poltrona, confezionato con una coerenza impreziosita dalle solite grandi scenografie di Dante Ferretti e dalla fotografia scurissima del bravi Dariusz Wolski.
Tutto questo viene poi composto dal montaggio perfetto di Chris Lebenzon e soprattutto, e non poteva essere altrimenti, dalla regia di Burton, che si esprime con piena libertà e padronanza della macchina da presa, riuscendo ad allestire almeno un paio di scene da capogiro ed un finale di grande impatto emozionale.

E poi c’è la coppia di protagonisti, perfettamente funzionale: ma se Johnny Depp è come la solito bravissimo, ma non più che in altri film di Burton, a sorprendere è una Helena Bonham Carter deliziosa nel suo essere spietata ed insieme fragilissima.
E’ lei la vera sorpresa di questo “Sweeney Todd”, ed avrebbe meritato senz’altro di essere segnalata per gli Oscar insieme al suo partner – come del resto lo stesso film avrebbe meritato un numero ben maggiore di nomination, comprese quelle per film e regia.

Tim Burton è finalmente tornato, con uno dei suoi lavori più riusciti: “Sweeney Todd” è un’opera dalla potenza espressiva viscerale ma dilagante, che si impone come il musical più originale e coraggioso visto la cinema da anni a questa parte. Assolutamente da non perdere.