Il giovane Loomis Crowley (Milo Ventimiglia) muore in circostanze orribili mentre stava provando un nuovo videogame intitolato “Stay Alive”. Il suo migliore amico Hutch (Jon Foster) viene casualmente in possesso del gioco, ed in una serata con gli amici si decide di provarlo: ben presto i partecipanti alla serata iniziano a morire in circostanze misteriose ed orripilanti, che corrispondono esattamente al modo in cui i propri personaggi morivano all’interno di “Stay Alive”: ad Hutch ed ai pochi superstiti il compito di spiegare il mistero e soprattutto di salvare la propria vita. Aiutato dalla bella Abigail (Samaire Armstrong) e dal “nerd” patito di videogiochi Swink (Frankie Munitz), il ragazzo proverà a risalire ai creatori del videogioco, fino a scoprire la storia di un’antica maledizione scagliata da una donna che, guarda caso, somiglia all’essere malvagio che domina “Stay Alive”…
Meritato applauso a chi ha montato il trailer di questo film, perché ad essere sinceri ce lo aveva fatto passare per un teen-horror interessante almeno sotto il profilo squisitamente estetico. Dopo la proiezione l’ammirazione per questo montatore rimane intatta, quella per il film è crollata senza il minimo ripensamento.
Dopo l’ondata che sembrava inarrestabile di remake hollywoodiani di pellicole battenti bandiera asiatica, un altro film che ci propina la solita maledizione che esce da un aggeggio multimediale (stavolta un videogame: già non lo sapevamo che la Playstation era nociva per il nostro intelletto…) avrebbe dovuto essere costruito con delle meccaniche narrative in grado di sprigionare la dovuta tensione. In “Stay Alive” invece non succede nulla interessante per tutti gli 85 minuti della sua durata.
Alla sua seconda pellicola come regista, William Brent Bell dimostra una vistosa superficialità nel descrivere personaggi, ambienti e soprattutto nel costruire situazioni che possano generare, se non reale paura, almeno un minimo di tensione o raccapriccio. Ulteriore aggravante è che Bell è anche il co-autore della sceneggiatura scritta insieme a Matthew Peterman, uno script la cui prevedibilità e inferiore solo agli elenchi del telefono.
Poi ci sono il gruppo di attori, che devono essere definiti tali in quanto i crediti del film lo impongono: il promettente Milo Ventimiglia recita solo nella prima scena, scelta saggia. La nuova starlet Samaire Armstrong sfoggia un pettinatura da vamp e della sua interpretazione sono state montate soltanto le smorfie, quasi nessun dialogo: cosa vorrà dire? Per il resto gli altri li abbiamo già dimenticati.
Insomma, la delusione è pressoché totale. “Stay Alive” non meriterebbe neppure di essere classificato dentro un genere come l’horror che sta sempre più faticando a trovare spunti originali o almeno storie solide su cui poter costruire buoni lungometraggi. In attesa dei vari sequel che ci terrorizzeranno (?) nelle prossime settimane, la questione sembra farsi preoccupante…
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Stay Alive
Dopo l'ondata che sembrava inarrestabile di remake hollywoodiani di pellicole battenti bandiera asiatica, ecco un altro film su un'antica maledizione che esce da un videogioco
12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani