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Star System - La nostra recensione

Se non ci sei, non esisti! Dopo "L'alba dei morti dementi" e "Hot Fuzz", torna l'irresistibile Simon Pegg in una commedia tratta dal libro "Un alieno a Vanity Fair" di Toby Young. Nel cast anche Megan Fox, Kirsten Dunst e Jeff Bridges.

star system poster

05.05.2009 - Autore: Andrea D'Addio
L’ispirazione è vera. Protagonista è il giornalista inglese Toby Young assunto per qualche anno, e senza successo, nella sede americana di Vanity Fair, dove ne combinò di tutte i colori. Tornato a Londra scrisse un libro tragicomico sulla sua esperienza che ebbe buon successo commerciale e da cui è nata, per l’appunto, l’ispirazione di “Star system: se non ci sei non esisti”. Il titolo originale, sia del romanzo che del film, sarebbe “How to lose friends & alienate people” che tradotto, suonerebbe “Come perdere amici allontanare la gente”. E questo poiché il soggetto in questione è un personaggio quanto mai irritante, provocante più di quanto si possa mai immaginare perché mosso da sincera ingenuità. Persino durante le riprese del film, il regista Robert B. Weide ha finito per doverlo allontanare definitivamente dal set. La sua voce in capitolo stava rallentando e innervosendo troppo i lavori.

In “Star system”, Toby Young è interpretato da Simon Pegg, novello passeggero della nuova Enterprise di J.J. Abrams, ma famoso soprattutto per il sodalizio artistico con il regista Edgar Wright e l’attore Nick Frost (assieme hanno realizzato due cult della parodia: “L’alba dei morti dementi” e “Hot Fuzz”). Messi un attimo da parte i due amici (con cui sta comunque lavorando ad un nuovo progetto), l’interprete inglese regge da solo una commedia tanto scontata nello sviluppo, quanto divertente. Tre tronconi narrativi. L’inizio è da loser: è il direttore di un magazine senza soldi, ma con molto cattivo gusto. La vita sembra cambiare quando un importante editore americano lo assume e lo porta a New York. L’iniziale entusiasmo si spegne quando conosce la nuova redazione: nessuno se lo fila, è l’ultimo arrivato e le poche possibilità che gli si offrono le brucia con il suo pessimo savoir faire. Tutto sembra andare male finché non acquista quel cinismo fondamentale per fare carriera, ma contrario ai suoi principi di ragazzo “onesto”. La vita sentimentale segue il percorso opposto. Quando il lavoro va bene, l’amore va male e viceversa. Come pensate che possa finire, tra una professione da dovere svolgere con cinismo e una sana passione chi mai la potrà spuntare in un film convenzionalmente americano?

Rimanendo in bilico tra commedia e parodia, “Star system” trova i suoi momenti migliori quando si lascia andare alla comicità più demenziale, quella che non presta troppa attenzione alla linearità della narrazione. Il protagonista è una sorta di mix tra l’imbranataggine dell’ispettore Closeau e l’impermeabile tranquillità del  Dude del Grande Lebowski (ricordato anche in maniera esplicita durante il film con la battuta, detta proprio da Jeff Bridges, “Non sono Dude”), con una spruzzata di volgarità di vario tipo (sia verbale che fisica). Ciò che tiene unite le varie gag è l’interessante parallelo che si tenta di fare tra il protagonista e il Marcello Rubini di “La dolce vita”.

Tanti i rimandi al capolavoro di Fellini, non solo espliciti (come il finale), ma anche di contenuto: il mondo dorato della Roma di fine anni ’50 diventa qui quello della Hollywood di oggi, luogo di vizi e trasgressioni che luccicano da lontano, ma che una volta conosciuti bene, si rifiuta.

Per saperne di più
Il ritorno di Kirsten Dunst
Il trailer di Star System - Se non ci sei non esisti
Le immagini del film
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