
Presentato in anteprima al Festival del Film di Roma, il film è incentrato sul viaggio in Medio Oriente del regista, deciso a trovare il nemico numero uno della società occidentale. Ma questa missione impossibile si trasformerà in un viaggio nella speranza di un futuro in cui crescere i propri figli lontano dall'odio. “Ho ottenuto i fondi per girarlo quando mia moglie era incinta – ha raccontato Spurlock - A quel punto qualcosa è cambiato. Non si trattava più di Bin Laden, ma del mondo in cui avrei fatto vivere mio figlio. E il film ha aperto nuove strade, non volevo più incentrare l’intero discorso su politici e militari, ma su persone con famiglie, genitori come me”.

Naturalmente, Spurlock non trova Bin Laden e non cancella il terrorismo internazionale dalla faccia della Terra: la sua vera missione consiste nel trovare qualcosa di buono nel mondo, che possa contrastare il male rappresentato dal terrorismo e dall'avidità dell'uomo. E quel “qualcosa”, Spurlock lo trova nella rinnovata consapevolezza che in fondo, americani, afghani, o pakistani, siamo tutti uguali. “Quella gente pensa alle stesse cose di cui noi ci preoccupiamo.Vivere pace, avere una famiglia, avere un lavoro. Si tratta di qualcosa che condividiamo perfettamente ma che non vediamo mai sui telegiornali”.