Per ogni film di Indiana Jones,
invece, un nuovo tema d’amore (perché nuova, di volta in volta, sarebbe stata
la compagna del Prof. Jones), nuovi spartiti per i personaggi secondari, un
nuovo motivo per il villain di turno e uno screziata quantità di risorse
tematiche per commentare gli immancabili archetipi di sceneggiatura reiterati
dalla serie: gli animali che di volta in volta ostacolanao la ricerca
dell’agognato reperto da scovare e le avvincenti sequenze d’azione concertate
con linfa sempre nuova da Steven Spielberg.
Per Indiana Jones e il regno del
teschio di cristallo la formula williamsiana non è cambiata. Ma alcune scelte
di script in controtendenza rispetto agli assunti regolanti i passati
lungometraggi hanno permesso al compositore di lustrare e recuperare alcune
delle invenzioni più carismatiche del primo episodio, I predatori dell’arca
perduta. Lucas e Spielberg reintroducono infatti Marion (Karen Allen), primo
interesse sentimentale di Indy, permettendo al compositore di nobilitare
nuovamente il suo commento (pubblicato da Concord/Universal) con tutto il
romance old fashion caratterizzante il tema d’amore steso per la coppia nel
1981. Anche una citazione dal motivo oscillante e sinistro per l’Arca
dell’Alleanza trova brevemente spazio in questo quarto lungometraggio e fa il
paio con il sapore altrettanto ambiguo e ultraterreno del motivo per il teschio
di cristallo (“Call of the Crystal”), fiore all’occhiello dei materiali inediti,
che annoverano anche una perfetta, teutonica composizione (“Irina’s Theme”) per
la gelida Irina Spalko (Cate Blanchett).
Williams sembra approfittare della sua
origine sovietica per punteggiare la sua maestria nella scherma attraverso
“fiorettature” orchestrali tipiche delle danze russe. Altrettanto influenzato
dalla capacità virtuosistica dell’autore è il tema per il giovane Mutt (Shia
LaBeouf), eccitato e ardimentoso come nella migliore tradizione delle partiture
stese dal musicista per Harry Potter.
Resta insomma invariato, nonostante l’avvicendarsi di personaggi e
rispettive creazioni melodiche, l’impianto fortemente leitmotivico tipico del
comporre williamsiano; così come inappuntabile, limpida e dotata di estrema
raffinatezza resta la sua calligrafia sinfonica. Ma la costante senza dubbio
più apprezzata è quella della celeberrima fanfara per il protagonista (“Raiders
March”, “Finale”), immortale marcia fedele ad Indiana Jones e quindi unico tema
a connotare veramente l’epica quadrilogia. A riascoltarla sfolgorante nella sua
immediatezza, in tutte le variazioni proposte in questo ultimo lavoro, tornano
in mente le parole del compositore riguardo alla sua lontana gestazione: un
lavoro non facile quello di mettere insieme “questi piccoli frammenti di grammatica
musicale, per farli sembrare quasi inevitabili”.


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Spielberg, Lucas e Williams di nuovo insieme
John Williams riprende musicalmente le avventure di Indiana Jones e la storica fanfara a lui dedicata

09.06.2008 - Autore: GiulianoTomassacci