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Speed compie 25 anni, otto motivi per non dimenticare l'action con Keanu Reeves

Il film di Jan de Bont è uno degli ultimi grandi classici del cinema d'azione. Ecco perché

Speed

07.06.2019 - Autore: Marco Triolo
Prima di Neo, molto prima di John Wick, c'era l'agente Jack Traven della polizia di Los Angeles. Era il 1994, erano passati tre anni da quel Point Break che non era stato solo un punto di rottura, ma un punto di svolta per Keanu Reeves. L'attore era diventato una star e, dopo Belli e dannati, Dracula di Bram Stoker e Piccolo Buddha, era uno dei volti più ricercati a Hollywood. Speed era per lui un "veicolo" (come lo definiscono gli americani, ma in questo caso il termine è più che mai azzeccato), il suo primo action in cui essere il solo protagonista (maschile).
 
Uscito il 10 giugno 1994, il film incassò 350 milioni di dollari a partire da un budget di 30. Un successo notevole, considerando anche che era stato diretto da un esordiente. L'olandese Jan de Bont, che aveva lavorato come direttore della fotografia sin dalla fine degli anni '60, arrivando a collaborare con Paul Verhoeven (Fiore di carne) e John McTiernan (Die Hard, una grande lezione), debuttava qui alla regia. Di un film oltretutto non facile.



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Ci sono stati pochi high concept tanto "high" quanto quello di Speed. Un pazzo mette una bomba su un autobus. Se l'autobus scende sotto una certa velocità, esplode. Semplice, efficace. Ma anche estremamente difficile da realizzare, perché richiedeva una gestione della suspense perfetta e un montaggio a orologeria.
 
Per fortuna, tutto andò secondo i piani. Altrimenti non saremmo qui a parlare del film venticinque anni dopo la sua uscita. Speed vinse due Oscar (sonoro e montaggio effetti sonori) e fu candidato a un terzo, per il montaggio (di John Wright), appunto. Un cult con due protagonisti perfetti - insieme a Keanu c'era Sandra Bullock, reduce da Demolition Man - un cattivo memorabile (Dennis Hopper) e la giusta arroganza hollywoodiana che trasforma un concetto improbabile in una ricetta per l'immortalità. Ecco otto ragioni per cui Speed è un classico.



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Die Hard su quattro ruote. L'idea del poliziotto che si trova a dover gestire una situazione estrema e più grande di lui viene decisamente dalla saga di Die Hard. Non a caso, la regia fu proposta prima John McTiernan, che consigliò personalmente Jan de Bont. E non a caso il personaggio di Jack Traven era stato inizialmente scritto come un clone di John McClane, con tanto di battuta facile. Speed alla fine ha trovato una sua voce, ma è innegabile che rientri in una formula che già funzionava... con il più il twist giusto per rendere tutto originale e memorabile.
 
Un'idea geniale. Fu lo sceneggiatore Graham Yost a partorire l'idea della bomba sul bus, ispirato dal film A 30 secondi dalla fine di Andrej Kon?alovskij. La premessa di Speed è una di quelle rare idee perfette che, quando capitano, fanno la storia del cinema d'azione.

 
Jack Traven. Doveva essere Stephen Baldwin a interpretare il protagonista, ma rinunciò perché il personaggio era troppo simile a quello di Bruce Willis in Die Hard. Quando Reeves accettò la parte, questa fu riscritta (da Joss Whedon, come vedremo) per meglio adattarsi all'attore. Reeves non è il tipo da sparare battutine a raffica, ha un contegno diverso e non recita mai sopra le righe. Di conseguenza, Jack divenne il poliziotto risoluto ma "educato" che tutti conosciamo, una figura decisamente rara nel cinema action dell'epoca. Per questo non si dimentica facilmente.
 
Keanu e Sandra. Non possiamo citare solo Keanu Reeves. Parte del successo di Speed la dobbiamo anche a Sandra Bullock e all'alchimia perfetta tra i due attori. Che, durante i provini, furono sottoposti a molte scene fisiche per meglio capire se tra loro ci fossero scintille.



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Il vecchio e il nuovo. Se da un lato abbiamo due stelle nascenti come Reeves e Bullock, dall'altro c'è il cattivo di Dennis Hopper. Il nuovo che avanza contro la vecchia guardia: un livello di lettura che dona al film un fascino extra, all'inizio di un decennio che avrebbe rotto quasi del tutto con i gusti - di moda, cinematografici e musicali - degli anni '80.
 
Joss Whedon. Se i dialoghi di Speed sono così brillanti lo dobbiamo anche al creatore di Buffy, sceneggiatore di Toy Story e regista di The Avengers. Whedon fu chiamato a ripulire lo script di Yost non accreditato. Ma, ecco un'altra cosa rara nell'industria di Hollywood, tra i due non ci fu nessun conflitto. Anzi, Yost ammette che Whedon fece un lavoro enorme, perfezionando i dialoghi, riscrivendo il personaggio di Jack per modellarlo su Reeves e introducendo elementi come la morte di Harry Temple (Jeff Daniels), che inizialmente avrebbe dovuto essere invece il cattivo.

 
L'azione. Mai titolo fu più azzeccato: Speed parte e, da quando saliamo sul bus con Jack Traven, non si ferma mai. L'azione è abbondante, costante, di ampio respiro. De Bont riesce a coniugare la claustrofobia del bus con riprese esterne intrise di adrenalina. Gli stunt (tra cui alcuni eseguiti dallo stesso Reeves, John Wick già vigilava da lontano) sono fatti alla vecchia maniera e reggono il passare del tempo. Forse un po' meno il famoso salto nel vuoto del bus: rivedendolo, si capisce chiaramente che il bus passa su una rampa, e la traiettoria del salto non combacia con il suo riuscito atterraggio. Ma è un'idea talmente folle, eseguita in maniera così dritta e senza compromessi, che un'esecuzione non perfetta la possiamo perdonare in nome dell'artigianato.

Quentin approva. Tarantino ha nominato Speed tra i venti migliori film da lui visti tra il 1992 e il 2009. E se lo dice Quentin, allora è vero.