NOTIZIE

Spazio ai giovani

Spesso dietro i grandi stilisti si nasconde la matita di un giovane talento. Ragazzi che hanno alle spalle anni di studi nel campo della moda e del costume, che danno vita a collezioni meravigliose dove non compare la loro firma

yoon soon

09.02.2006 -
Dopo le passerelle romane dell’Alta Moda si continua a puntare il dito proprio sui giovani talenti, ma lo si fa a parole, forse troppe per poter concretizzare i sogni custoditi in ognuno di loro. Noi di Stile siamo andati a curiosare in una delle Accademie dove vengono formati stilisti e costumisti, coloro che daranno forma al Made in Italy del futuro.

In Via della Rondinella a Roma, sorge l’Accademia di Costume e Moda, Ente Morale, fondata nel 1964 dalla Professoressa Rosana Pistolese (già docente all’Università di Stato di California, storica del costume, giornalista di moda e stilista). Istituo che rappresenta un vivissimo centro culturale e di formazione tecnico-professionale che attrae studenti italiani e stranieri, concorrendo allo sviluppo del nostro paese sia nel campo della cultura che in quello economico. L’atmosfera che si respira all’interno della struttura è satura di creatività. Tessuti che prendono vita tra le mani di giovani creativi, laboratori con macchine professionali, manichini vestiti di stoffa e di spilli, bozzetti piccoli e grandi decorano le pareti.

Ad accoglierci, la professoressa del corso di moda Liliana Turini.
Liliana, come vengono formati i ragazzi in questa Accademia?

“Il punto forza del nostro istituto è che il ciclo di studi è legato al costume. Per noi non può esistere moda senza costume. Si esce dall’Accademia in parallelo, costumisti o stilisti, indifferentemente. La fase più importante, dunque, è il laboratorio perché unisce moda, costume e creazione. Il laboratorio è il luogo dove le caratteristiche artigiane ed artistiche si esprimono in progetti, che siano abiti o costumi la creatività viene applicata al tessuto dallo stile al modellismo”.

Laboratori che hanno visto nascere le collezioni che hanno sfilato sulle passerelle romane di alta moda.
“Si, in questi laboratori i ragazzi hanno fatto dei veri interventi creativi su tessuti vecchi, nuovi, bruciati, tagliati”.

Cosa cerca di trasmettere agli allievi durante le sue lezioni?
“ La cosa più importante e difficile da far capire ai ragazzi, non è tanto un disegno, ma come si arriva ad esso. Al disegno ci si può arrivare in un momento, magari perché quel giorno si è particolarmente ispirati. A volte, però, ci vogliono giorni interi, la creatività deve essere alimentata in qualche modo. Dall’arte, dal cinema, dal teatro, dal momento storico, da un quadro, ma anche da una bella passeggiata in centro, in campagna.  Imparare a disegnare è più semplice che avere la testa dietro un disegno”.

Lei insegna a stimolare la creatività…
“Si, chiedendo di andare a vedere, guardarsi intorno, ascoltarsi”.

Una volta terminati gli studi, dove sono indirizzati i ragazzi?
“Come ormai in tutte le scuole, le aziende ci contattano, offrono stage che poi possono perfezionarsi in veri contratti. Qui è una sorta di ufficio di collocamento, ma è giusto che sia così”.

In cosa consiste il Final Work?
“E’ il lavoro finale, un modo per far sfilare i ragazzi in uno scenario prestigioso come le passerelle di AltaRoma, diciamo che è il loro ultimo momento di libertà prima di entrare nel mondo del lavoro e avere a che fare con il mercato. Partecipano solo i ragazzi dell’ultimo anno comunque selezionati da una giuria di stilisti e giornalisti di moda”.

Pensa sia dato il giusto spazio ai ragazzi nella moda?
“Mi trovi un po’ polemica in questo momento. Spazio per i giovani ce n’è, sicuramente, certo la tv e i giornali parlano solo delle grandi griffe, giustamente, ma dietro a quei marchi ci sono moltissimi giovani. Pochi giorni fa durante una riunione della Confindustria, Luca di Montezemolo metteva l’accento proprio sulle scuole di formazione per i giovani stilisti. Il giorno dopo i media hanno parlato della sua testimonianza, ma alle sfilate dei nostri ragazzi di giornalisti non ce n’erano e non se ne è parlato”.

Stesso discorso vale per la moda italiana…
“Esattamente! Per quella parigina, i nostri giornalisti scrivono cose meravigliose. Della moda italiana non se ne sente parlare, a meno che non ci sia qualche star ‘rifatta’ seduta in platea. Bisognerebbe scrivere di più di tessuti, creazioni etc…”

Vincitrice del Final Work 2006, presentato sulle passerelle di AltaRoma lo scorso gennaio, è stata una graziosa ragazza coreana, Yoon Soon Bae, in Italia da sette anni con un passato di costumista teatrale.
“Mi sono avvicinata alla moda una volta arrivata in Italia – ci spiega Yoon Soon – qui la si respira ovunque. Ho sentito il bisogno di studiare per andare avanti, ho scelto quindi l’accademia. Oltre alla pratica c’è molta teoria. Si studia storia del teatro, del cinema, grafica, design, anatomia, mi hanno davvero aperto la testa”.

Quali sono state le fasi per creare gli abiti che hai presentato al FW06?
“Prima di tutto ho pensato al tessuto da utilizzare. Qui in Italia non ho trovato nulla che andasse incontro ai miei gusti. Sono andata in Corea e sono tornata con cinquanta chili di tessuto! Un tessuto molto particolare, una sorta di velluto però stampato in maniera più moderna, jersej di cotone con stampa da poter colorare, seta pura”.

Una volta selezionato il tessuto?
“Si pensa all’abito da voler fare, quindi si crea il disegno, si fa un carta modello e con la sarta si taglia e si cuce. Nel momento in cui l’abito si mette sul manichino inizia il lavoro d’improvvisazione che è quello, secondo la mia esperienza, più difficile ma che dà più soddisfazioni. Ho stravolto ogni abito più di una volta”

Abiti lavorati a mano?
“Si, ogni piccolo dettaglio. Ogni abito è formato da almeno quattro pezzi, anche le scarpe le ho cucite a mano, perfino la suola. E’ stata una grande soddisfazione. Il Final Work è una manifestazione  importante perché ci confrontiamo con noi stessi, con i nostri limiti e cerchiamo di valicarli. Inoltre impariamo a collaborare con persone specializzate, parlando e vedendo insieme le cose. Una vera crescita”.

Qual è stata l’ispirazione per le tue creazioni?
“Per la collezione del Final Work ho voluto mettere in pratica tutto ciò che ho imparato in questa Accademia. L’ispirazione è stata la natura e la geometria contenuta in essa. Ho cercato di dare forme geometriche mantenendo la sinuosità del corpo femminile. Ho pensato ad una donna di fine ‘800”.

Il tuo stilista preferito?
Antonio Marras, per le forme e per i colori. Giorgio Armani per l’eleganza e la praticità dei suoi abiti”

Il tuo sogno
“Lavorare come stilista qui in Italia con qualcuno che abbia la mente aperta e magari insegnare in questa Accademia.

Quale modella vorresti veder sfilare con i tuoi abiti?
Kate Moss perché riesce ad interpretare perfettamente ogni emozione. Se guardo nel passato, Twiggy, il mito di ieri e di oggi”.

Ti piacerebbe…
"Creare scarpe con il tacco al massimo cinque centimetri! Ormai si trovano solo tacchi vertiginosi, o scarpe raso terra”.

Seconda classificata al Final Work è stata Eliana Giorgi, terza Sara Marchetti. Ma è come se avesse vinto ognuno dei quattordici talenti selezionati. Noi di Stile li mettiamo in prima pagina e incrociamo le dita per ognuno di loro.

Ilaria Oriente,  responsabile del sito www.moda.it. Ha lavorato per Cinecittà Holding e l’Istituto Internazionale Andrei Tarkovskj. Interessata alla moda, al cinema e al teatro.
FILM E PERSONE