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Silent Hill

Dopo una raffica di pellicole tratte da ogni genere di videogiochi, ecco finalmente sui nostri schermi quella che riteniamo senza dubbio la miglior trasposizione realizzata per il grande schermo

Silent Hill

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
 

I sogni della piccola Sharon (Jodelle Ferland) sono sempre più spesso turbati da incubi ambientati in una misteriosa cittadina che si chiama Silent Hill. Sua madre Rose (Radha Mitchell), decisa ad aiutare la piccola anche contro il volere del padre Christopher (Sean Bean), prende la figlia e parte alla ricerca del posto che la tormenta.

Invece di trovare un’adeguata soluzione ai problemi della bambina, Rose si ritrova invece invischiata in un incubo ad occhi aperti: dopo un incidente stradale infatti Sharon scompare dentro Silent Hill; la ricerca della bambina porterà la donna a contatto con creature mostruose e segreti spaventosi. Intanto anche Christopher si è messo sulle tracce della sua famiglia…
 
Dopo una raffica inappropriata di pellicole tratte da ogni genere di videogiochi, ecco finalmente arrivare anche sui nostri schermi quella che riteniamo senza dubbio alcuno la miglior trasposizione fino ad ora realizzata per il grande schermo. E questo non perché “Silent Hill” sia un capolavoro o un lungometraggio esente da difetti, ma perché è capace di restituire in pieno l’anima del gioco da cui è tratto, che fondamentalmente trasmette al giocatore (e quindi il film allo spettatore) un senso di ineluttabile tristezza e dolore.

Il pregio maggiore della riuscita del lungometraggio sta nella sua splendida ambientazione, che ricalca in maniera quasi pedissequa le indicazioni estetiche dettate dall’originale: le scenografie di Carol Spier sono assolutamente affascinanti, fotografate con intelligente cupezza da Dal Alustsen. Grigia, piovosa ed abbandonata, la cittadina è la vera e propria protagonista dell’opera, personaggio ingombrante e magniloquente in cui si muovono spesate le altre figure. Anche Christophe Gans dirige con la necessaria enfasi l’horror, arrivando a realizzare una seconda marte molto intesa ed efficacemente desolata.

Come abbiamo anticipato però “Silent Hill” non è un film perfetto, e ciò è principalmente dovuto alla sceneggiatura di Roger Avary, che soprattutto nella prima parte lascia che gli eventi siano troppo scollegati tra loro, inserendo scene apparentemente a casaccio, solo perché ricalchino l’andamento del videogame. Ci è parsa invece un’ottima idea di script quella di rendere protagonista del film la donna invece dell’uomo, in modo da poter disegnare un rapporto madre-figlio più corposo e drammatico. A parte poi qualche solita battutaccia da action/horror di cassetta, il secondo tempo di “Silent Hill” si rivela un concentrato di trovate drammaturgiche e visive davvero notevole.  

Splendido nell’ambientazione, affascinante nella realizzazione, imperfetto nella struttura della storia, “Silent Hill” si presenta come uno dei film più belli di questa (povera) estate cinematografica italiana. Un errore sottovalutarlo come mero prodotto d’intrattenimento, e quindi di facile e superficiale consumo.
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