La grande qualità del lavoro di
Michael Moore, a prescindere dall’effettiva riuscita dei suoi lavori, è quella
di costringere lo spettatore a prendere posizione, a schierarsi. Invece di
realizzare delle opere che presentino soltanto dei fatti in maniera distaccata,
l’autore propone invece una sua tesi riguardo ciò che sta trattando, ed
esplicita sempre la sua posizione rispetto alla materia.
Il maggior esempio di
questo suo metodo – discutibile certo, ma comunque sempre efficace – è stato
“Farhenheit 9/11” (Id., 2005), il documentario di maggior successo commerciale
della storia del cinema (addirittura 120 milioni di dollari incassati solo in
America) ed acclamata Palma d’Oro a Cannes.
Ebbene, questo suo nuovo “Sicko”,
che mette in luce le enormi ambiguità del sistema sanitario americano, si muove
attraverso gli stessi procedimenti logici, ed adotta di conseguenza lo stesso
schema narrativo. C’è da dire che rispetto al precedente lavoro ci troviamo ad
un’opera molto più lineare e coerente nello sviluppo di determinate
problematiche, che colpisce nel segno grazie soprattutto ad una fluidità di esposizione che, se anche – giustamente –
schierata, non diventa mai pamphlet gratuitamente accusatorio.
Certo, Moore si
concede sempre le sue piccole divagazioni personali per attaccare questo o
quell’avversario, ma nel complesso sta attaccato al nucleo principale della sua
indagine. Che il sistema sanitario statunitense sia un meccanismo intento a far
arricchire le compagnie assicurative e farmaceutiche a discapito dei cittadini,
soprattutto quelli meno abbienti, è una
cosa risaputa: ed in questo il regista è molto intelligente, nel non calcare la
mano per evidenziare una piaga già scoperta. “Sicko” sembra invece voler
scuotere la mente dello spettatore a svegliarsi e non accettare più tale
vessazione, ed il sistema adoperato con furbizia è quello del paragone. Se
confrontato con il sistema sanitario gratuito – o meglio, sovvenzionato dallo
stato – vigente in paesi come Canada, Inghilterra o Francia, ecco che ciò che
accade nella Nazione più potente e ricca del pianeta assume connotati davvero
assurdi.
Insomma, “Sicko” è un lungometraggio assolutamente
riuscito, soprattutto nel suo essere atto accusatorio contro un sistema che si
rivela totalmente antidemocratico. Rimane qualche dubbio sul fatto che un
prodotto di Michael Moore possa essere definito integralmente un documentario,
vista la sagacia e la forza con cui l’autore si schiera a favore o pro ciò che
ritiene giusto (e non è una critica alle scelte, che condividiamo in pieno,
bensì alle intenzioni). La sua sincerità e la sua potenza espressiva lo rendono
comunque degno di essere ascoltato, analizzato, applaudito. E soprattutto, come
sembra volere lo stesso autore, di schierarsi con lui…


NOTIZIE
Sicko
Dopo l'enorme clamore di "Farhenheit 9/11" Michael Moore punta il dito e mette in luce le enormi ambiguità del sistema sanitario americano

27.08.2007 - Autore: Adriano Ercolani