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Shutter

L'idea alla base di questo suggestivo horror è stata presa da alcune foto, scattate durante la protesta studentesca del 1973 a Bangkok, che presentavano inspiegabili distorsioni agli occhi degli esperti

Shutter

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Mentre sta tornando a casa con la sua fidanzata Jane (Natthaweeranuch Thongmee), Tun (Ananda Everingham) è protagonista di un terribile incidente: Jane, al volante dell’auto infatti investe una ragazza. Lui la convince a scappare ed a lasciare il povero corpo esanime sulla strada. Da quel girono la vita del ragazzo, che lavora come fotografo, sarà totalmente rovinata: Tun scopre infatti che le fotografie che lui stesso scatta contengono strane distorsioni, che raffigurano una sagoma ed un volto femminili. Per risolvere il mistero, e salvare la propria sanità mentale, l’uomo è costretto a fare i conti con il proprio passato…

L’idea alla base di questo suggestivo horror è stata presa da alcune foto scattate durante la protesta studentesca del 14 ottobre del 1973, che a Bangkok venne repressa nel sangue: le immagini dell’accaduto presentavano infatti alcune distorsioni, inspiegabili agli occhi degli esperti. I due registi esordienti  Banjong Pisanthanakun e Parkpoom Wongpoom hanno sfruttato questa suggestiva bizzarria per inserirne le potenzialità drammaturgiche all’interno di una sceneggiatura molto rispettosa delle regole del genere horror, soprattutto quello più stilizzato che in questi ultimi anni ha spopolato nell’est asiatico.

Il risultato è un lungometraggio che molto deve ai suoi predecessori, di cui però ripropone i collaudati stilemi con freschezza e giusto senso del ritmo. “Shutter” – il termine indica l’otturatore della macchina fotografica – si presenta infatti come decisamente inquietante e riuscito nel creare l’atmosfera adatta: le scenografie e gli ambienti perfettamente funzionali alla storia, ed interagiscono con le scelte stilistiche – soprattutto quelle della fotografia – per costruire un senso di disperazione che coinvolge in maniera piuttosto forte. Anche la regia non esagera mai nella ricerca di originalità, ma si limita intelligentemente a sfruttare tutte le opzioni a sua disposizione per far saltare lo spettatore sulla poltrona.  

Film di genere che poggia la sua struttura narrativa su meccanismi già noti, ma che riesce allo stesso tempo ad evitare accuratamente la banalità, “Shutter” arriva nelle sale italiane come opera senza dubbio da gustare, di sicuro superiore alla media di scempiaggini spacciate per presunti horror, che in questo periodo dell’anno affollano le nostre sale solo perché devono colmare il vuoto creato dalla mancanza di pellicole decenti. Il film tailandese invece diverte ed impressiona al punto giusto, meritevole quindi di segnalazione come prodotto onesto e ben confezionato. 

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