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Routine bondiana

David Arnold affronta il rinnovato 007 di Casino Royale con evidente stanchezza

Casino Royale

12.04.2007 - Autore: Giuliano Tomassacci
      Classe 1962, nato a Luton e cresciuto a pane e musica da film, praticamente autodidatta, David Arnold ha condiviso con il compagno di studi Danny Cannon gli inizi di carriera. La sua colonna sonora per il primo lungometraggio del futuro regista di Judge Dredd e Goal!, The Young Americans (1993), arriva all’attenzione del produttore Dean Devlin, che subito lo consiglia  all’allora sconosciuto (in America) Roland Emmerich, impegnato nella lavorazione di Stargate. Il frutto di questa prima collaborazione trai due artisti (che in seguito proseguirà per i mastodontici Indipendence Day e Godzilla) è una partitura di indubbia levatura, attraversata già da tutti i connotati arnoldiani: estro melodica, grande ricorso all’epos williamsiano, ottima prestanza ritmica. Proprio quest’ultima caratteristica – unita alla successiva maturazione di un’equilibrata giustapposizione dell’elemento elettronico contemporaneo – giustificano la validità del contributo del musicista a 007. E ancora in queste due cifre stilistiche deve essere rintracciata, in buona parte, la causa della sua permanenza nella serie, mentre tutt’intorno la sua carriera – dopo i fasti iniziali, le grandi produzioni e le critiche qualche volta osannanti – si asciugava a progetti borderline, tra commedie e produzioni low-budget, agli antipodi del respiro fantascientifico che lo aveva sdoganato nella Hollywood dei grandi incassi.

        Due regole cinematografiche non scritte assolverebbero comunque Arnold alla resa dei conti e ne giustificherebbero la confermata militanza nella filiera bondiana: una colonna sonora mediocre non rovina necessariamente un bel film e “squadra che vince non si cambia”. Sarebbe però ingiusto, alla luce del pregresso apporto fornito dal compositore alla saga, non aggiungere che un brutto voto non cancella una pagella più che sufficiente. Bisognerà sperare che questo nuovo approccio, in cui non si stenta a leggere una volontà di rivedere gli stilemi consolidati in linea con un  azzeramento di sceneggiatura (in fin dei conti Casino Royale è un prequel), esca dall’incubazione in occasione del prossimo appuntamento seriale. E per rimanere al luogo comune: la speranza è l’ultima a morire.
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