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Regale pallore

Con il seguito "Elizabeth, the golden age", Cate Blanchett si cala nuovamente nel ruolo che l'ha fatta conoscere al pubblico, confermando quello che realmente è: la regina di Hollywood

the golden age cate blanchett

12.11.2007 - Autore: Gabriele Marcello
Più bella ed eterea di una ninfa, molto più brava delle  "brave" che circolano ad Hollywood in questi anni,  e  più  magnetica delle grandi dive del passato. Cate Blanchett è un icona suo malgrado. Icona di stile, della recitazione e dell’immaginario collettivo. Al bando, quindi, le bellezze gommate e falsissime che popolano  l’universo odierno cinematografico. Cate è una donna degli antipodi, in tutti i sensi. Nata in Australia nel 1969, si diploma in recitazione all’università e a 22 anni inizia a girare il mondo per formarsi culturalmente. I suoi primi ruoli sono a teatro con la compagnia di Geoffrey Rush,  di cui è grande amica, e alcune performance la sottopongono all’attenzione della stampa.

Il suo primo ruolo importante, dopo diverse serie televisive, è quello di Lucinda in "Oscar e Lucinda" di Gillian Armostrong, dove divide la scena con Ralph Fiennes e Tom Wilkson. Sebbene accolto in maniera tiepida, il film le permette di ricevere una candidatura agli Australian Film Award come migliore attrice. Passa poco tempo, anzi pochissimo, e per la divina Blanchett arriva un ruolo “regale”: Elizabeth I, regina d’Inghilterra. Una parte sognata da tutte le attrici, e rifiutata da Kate Winslet, scaglia nell’empireo dello star system la giovane australiana, che diviene tutt’uno con la straordinaria sovrana. Pallida, elegante e moderna, Cate Blanchett riceve la sua prima nomination agli oscar e vince il Golden Globe. 

Le major di Hollywood fanno a gara per accaparrarsela, ma la dolce e algida australiana non cede facilmente alle lusinghe della gabbia dorata del cinema e opta per parti più ardite. Anthony Minghella la chiama per il suo ritorno alla regia dopo "Il paziente Inglese": il film è "Il talento di Mister Ripley" e il ruolo è quello ( appositamente scritto per lei) di Meredith. Anche stavolta arrivano lodi e nominations (ai BAFTA, gli Oscar inglesi), sebbene il film non sia un capolavoro. Oramai lanciatissima, la Blanchett prende parte a "Un marito ideale", trasposizione dell’omonimo romanzo di Oscar Wilde, "The Gift", thriller con venature horror, "L’uomo che pianse", tragico terzo film di Sally Potter che, nonostante il buon cast, gira un pasticciaccio inqualificabile.

Sarà Peter Jackson e la sua trilogia capolavoro, "Il signore degli anelli", ha regalare all’attrice un’altra performance regale: Galadriel. Per il lunghissimo fantasy, la Blanchett ritrova l’austero pallore e veste i panni di una diafana creatura, etera come l’acqua. Dopo la robusta prova di "Veronica Guerrin" (nomination ai Golden Globes), arriva il ruolo più impegnativo e forse più importante: Katherine Hepburn in "The Aviator" di Martin Scorsese. Con una perfetta mimesi dei tic e delle manie, l’attrice dona una seconda vita alla grande star hollywoodiana con un lavoro tanto sorprendente che, finalmente, arriva il sospirato Oscar come miglior attrice non protagonista. Restia a facili operazioni commerciali, Cate Blanchett sceglie parti forti, difficili e scomode come Susan Jones nel duro film di Inarritu, "Babel".

Ma non le basta, lei è una che ama le sfide, le gare di bravura. Perciò accetta senza esitazioni il ruolo di Sheeba, un insegnante di arte che va al letto con un suo studente quindicenne, nel teatrale "Scandal", diario di uno scandalo. Il film, diretto da Richard Eyre, la vede gareggiare in un crescendo si mostruosa bravura con la terrificante Judi Dench, che interpreta una matura professoressa lesbica innamorata della giovane collega. Ancora nomination all’Oscar e critische sensazionali.

L’ultima prova di strepitosa bravura e di coraggio è stata regalata al pubblico durante ultimo festival del cinema di Venezia, dove in "I’m not There" di Todd Haynes veste i panni maschili di Bob Dylan. Con la camminata sbilenca, l’aria sfatta e la sigaretta perennemente tra le dita, l’attrice conquista la Coppa Volpi come migliore attrice.

Ora, dopo i premi vinti e le critiche a favore, ritorna nell’arduo terreno dei sequel con "Elizabeth, the golden age", re-indossando i panni regali della regina che le portò fortuna all’inizio di carriera, appena dieci anni fa. Stesso regista, stessi attori (Geoffrey Rush) e una new entry (Clive Owen) basteranno a ripetere il successo? Non sembra prorpio, dato che in America il film non ha raccolto critiche eccelse e anche gli incassi non sono stati meravigliosi. Importa poco, lei è sempre bravissima e regale, anche nell’accettare sconfitte e sfide come questa. Roma e la festa del cinema la stanno attendendo con molta ansia e non ci sorprenderemo se al suo passaggio qualcuno urlerà “Viva la Regina, viva Cate Blanchett”.