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Recensione: Non aprite quella porta 3D

Torna Faccia di Cuoio in uno stanco sequel dell'originale di Tobe Hooper

Non aprite quella porta 3D

28.02.2013 - Autore: Marco Triolo
L'originale Non aprite quella porta, classe 1974, è ancora oggi insuperato sotto molti aspetti. È un torture porn ante litteram e la cosa stupisce ancora di più se si pensa che ha anticipato questo filone di circa trent'anni. È dunque un'impresa disperata tentare di mettersi sul suo livello, per questo ogni film della serie uscito dopo quello di Tobe Hooper – compreso il remake e il suo prequel – non si sono mai lontanamente avvicinati all'originale.

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La regola vale anche per l'ultimo Non aprite quella porta 3D. L'idea di partenza non è male, ma porta, appunto, da subito al confronto diretto con il film di Hooper e questo non fa che accentuare le mancanze del nuovo episodio. Non aprite quella porta 3D si pone come unico vero sequel del primo capitolo, cancellando la cronologia successiva. Per questo, il regista John Luessenhop decide di utilizzare i titoli di testa per mostrare le sequenze dell'originale e si ricollega ad esse con del nuovo girato che mostra cosa sia successo subito dopo gli eventi del primo episodio: lo sceriffo locale, insieme a una folla inferocita, rade al suolo la casa della famiglia di cannibali (battezzati Sawyer). Si salva solo una neonata che, cresciuta, eredita la casa della nonna e finirà tra le braccia di Faccia di Cuoio insieme a un gruppo di amici.

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La sceneggiatura – di Adam Marcus, Debra Sullivan e Kirsten Elms – tenta, bisogna ammetterlo, strade nuove, non solo nella premessa ma anche nello svolgimento. Certo, l'ambientazione ad Ognissanti e la parentela tra il mostro e la vittima fanno pensare più a Halloween di John Carpenter che alla saga di Leatherface, ma tant'è: per lo meno non c'è la stessa identica struttura dei precedenti, con l'aggiunta di un cattivo ben più umano e forse anche peggiore – perché totalmente lucido e “normale” – di Faccia di Cuoio. Purtroppo i colpi di scena sono tra i più telefonati di sempre e i protagonisti sono la solita galleria di giovinastri piatti e odiosi, presenti solo per farsi macellare in sequenza. A ciò si aggiunge una regia poco ispirata che appiattisce i momenti di tensione, e un 3D che più di tanto 3D non è, a parte un paio di (prevedibili) fuoriuscite della motosega di Leatherface dallo schermo. Mai come in questo caso, “l'originale è sempre il migliore”.

Non aprite quella porta 3D è distribuito in Italia da Moviemax.