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Padri e figli

"Anche libero va bene" uscirà il 5 maggio nelle sale italiane. Dopo la proiezione in anteprima, Kim Rossi Stuart ci ha parlato della sua prima volta dietro la macchina da presa

Anche libero va  bene

12.04.2007 - Autore: Eva Gaudenzi
 

Kim Rossi Stuart debutta alla regia con Anche libero va bene: storia di una famiglia in crisi ‘spiata’ dallo sguardo lucido del piccolo Tommaso. Ce ne parla lo stesso regista che, nella pellicola, interpreta il ruolo di un padre in difficoltà. Nel cast, anche un'intensa Barbora Bobulova.     

Questo film racconta la storia di una famiglia vista attraverso gli occhi di un bambino...
Kim – Sì. Credo che l’infanzia sia un periodo fondamentale per la vita di un uomo. In questo caso non si tratta certo di un’infanzia spensierata. La nostra intenzione è stata quella di raccontare una storia familiare problematica, senza cadere nello stereotipo. Non esistono buoni o cattivi all’interno di questo film. Gli stessi genitori in crisi sono personaggi che restano veri, umani. Con le loro debolezze e le loro fragilità. Per quanto riguarda il lavoro del piccolo Alessandro Morace, direi che la lucidità di Tommaso sia uscita fuori pian piano. C’ è stato un vero work in progress: la sceneggiatura ha fornito molti momenti di libertà. Soprattutto ai bambini.

A proposito di bambini, come sei arrivato ad Alessandro?
Kim – Per il personaggio di Tommaso cercavo un bambino con delle caratteristiche abbastanza precise. Una volta scelto il piccolo attore, gli avrei lasciato anche parecchia libertà. Mi sarei fatto guidare dalla sua personalità, dal suo carattere. Così è stato con Alessandro, un talento davvero straordinario. Abbiamo passato parecchi mesi in giro per scuole, campi di calcio, piscine. Finché un giorno, riguardando il materiale raccolto, mi accordo di questo ragazzino. Era normale, anche un po’ timido. Ma c’era in lui qualcosa di nascosto che abbiamo tirato fuori già dai primi provini.      

E il mondo degli adulti?
Kim – Anche per quanto riguarda i genitori, ho cercato di andare in profondità. Non sono personaggi negativi tout court. Hanno una personalità complessa, sono fragili. E non credo che quella di Viola e Tommaso si possa definire un’infanzia infelice. Direi complicata, ma non infelice. Stefania, ad esempio, non è la solita madre snaturata che abbandona figli e marito: è una donna con dei problemi emotivi molto forti, che ama i suoi figli più di ogni altra cosa.

Di nuovo nel ruolo di un padre in crisi. Il ricordo va subito a “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio...
Kim – Certamente con Amelio ho avuto la possibilità di spiare un possibile modo di lavorare con dei bambini sul set. Ma si tratta di due esperienze molto diverse. Il personaggio che interpretavo in Le chiavi di casa era molto più disarmato di Stefano, molto più ‘debole’. E poi c’era Andrea Rossi, un bambino molto particolare. Tutte le scene erano improvvisate. Io stesso mi lasciavo trasportare da lui...tutto avveniva in funzione sua. Qui invece la situazione è tutta diversa. Alessandro non ha letto una sola pagina di sceneggiatura. Gli spiegavo la scena e lui capiva perfettamente il senso. E’ stato sorprendente.

Come ti sei trovato nelle vesti di regista?
Kim –  Il mestiere di regista  è molto diverso da quello dell’attore. La cosa che mi appassiona di più è dare all’attore la possibilità di raccontare qualcosa in più di se stesso. A dire la verità, non avrei mai voluto recitare in questo film. Quello che mi interessava era fare un’esperienza di regia totale, completa. Per una serie di circostanze, è saltata la collaborazione con l’attore che avrebbe dovuto interpretare il ruolo. Eravamo alle strette. Io stesso non ho avuto tempo di lavorare sul mio personaggio e forse è stato un bene...Mi sono buttato, molte cose sono venute fuori quasi per caso, senza pensare.