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"Nowhere to hide"

"Nowhere to hide"

Nowhere to hide 1

24.07.2001 - Autore: Simone Godano
Cast: Park Joong-Hoon, Ahn Sung-Ki, Jang Don-Kun, Choo Ji-Woo. Regia: Lee Myung-Se Corea - 1999     La trama In una crepuscolare città portuale della Corea, Inchon, un misterioso assassino compie un omicidio. Linchiesta sarà affidata allinvestigatore Woo, uomo burbero e solitario, che inizierà una lunga e estenuante ricerca che si protrarrà per 76 giorni. Woo e il suo collega Kim scoveranno un sporco traffico di droga intorno allomicidio, si troveranno spesso di fronte allassassino ma non riusciranno ad acciuffarlo fino al duello finale in chiave western tra il poliziotto e il fuggitivo.       Il commento Anzitutto che genere di film è Nowhere to hide: lo stesso regista, Lee Myung-Se, si è trovato in difficoltà a definirlo, parlandoci di noir, di action movie, di road movie... tralasciando però quella che forse è la chiave più importante per interpretare il film, lelemento grottesco e al tempo stesso poetico che caratterizza lintera pellicola. Una pellicola chiaramente e volutamente orientale, diventato ormai uno stile, che gioca sui colori, il movimento e la recitazione dei suoi personaggi. La storia del film viaggia su un piano parallelo, se non addirittura inferiore, rispetto alla messa in scena: la città portuale di Inchon buia e surreale in ogni angolo dei suoi vicoli, la musica, che accompagna magistralmente le immagini come se stesse accompagnando uno spettacolo di danza, e Woo, figura che sembra creata da un disegnatore di fumetti. E lui lanima del film. In lui ritroviamo il tipico investigatori dalle maniere dure, che vive in una casa disordinata, che fuma, che porta il cappello e che soprattutto non si dà pace finché il caso non sarà chiuso. Un personaggio già visto dunque, che però si arricchisce e si appropria di questa chiave grottesca tanto da creare un personaggio nuovo e affascinante, macchietta di se stesso e del mondo che rappresenta. Gangster, trafficanti di droga, poliziotti corrotti e locali malfamati, rovine, discariche e vicoli bui, pioggia battente e incessante, folli corse notturne, risse e una città, Inchon, che sembra disegnata appositamente per questo film, noir o action-movie che sia. Ma Lee Myung-Se è il primo a definire stilisticamente il film. Tutto è ricercato. La messa in scena e la macchina da presa svolgono un ruolo chiave, viaggiano parallele su una strada in cui il movimento è arte, e gli antichi valori del cinema vengono ripresi e esaltati, anche se il risultato finale complessivo non è meraviglioso. Ma la vita non è meravigliosa (osservazione banale) e allora Myung-Se fa cinema, scrive con la macchina da presa o forse disegna, cosa che ormai in pochi ricercano, dimenticandosi che la anima e il cuore di un film nascono dallImmagine, e che alcune cose rendono la vita meravigliosa (osservazione meno banale).  
FILM E PERSONE