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Mickey Rourke

Mickey Rourke

mickey rourke

14.04.2003 - Autore: Stefano Finesi
A Hollywood esistono divi maledetti costruiti a tavolino e divi maledetti sinceri. La differenza sta nel fatto che i secondi sopravvivono a stento alla Mecca del cinema, incapaci di mettere le briglie al loro ribellismo anche sul set e nei ferrei cerimoniali mondani. Mickey Rourke, classe 1954, appartiene orgogliosamente alla seconda schiera e ha scontato il suo caratteraccio con una carriera accidentata, sospesa tra flop e capolavori, snobismo della critica e della comunità hollywoodiana e ovazioni di ragazzine e harleysti. Ma andiamo con ordine. Nato a Schenectady, nello stato di New York, il piccolo Mickey si trasferisce presto con la madre in un sobborgo di Miami, dove si imbatte in un patrigno poliziotto che quasi fa rimpiangere il padre reale, alcolizzato e manesco. Giovanissimo scopre la boxe, che sembra assecondare le rissose origini irlandesi del Nostro, ma presto deve abbandonare il ring per una lesione al cranio che ne compromette definitivamente la carriera. A questo punto una vocazione di ripiego: fare lattore. Lascia Miami a soli diciotto anni per iscriversi a una scuola di recitazione di New York, iniziando quella bohème che ritroveremo spesso nei suoi film, da Barfly a Homeboy: lavapiatti, buttafuori, gelataio, mille mestieri per sbarcare il lunario e inseguire un obiettivo. Con il trasloco sulla West Coast iniziano le prime particine: una comparsata in 1941: allarme a Hollywood di Spielberg, nel 1979, una presenza più sostanziosa in Brivido caldo, I cancelli del cielo, Rusty il selvaggio. Laria maledetta da sbandato carismatico o da uomo dazione amorale e violento gli guadagnano il ruolo da protagonista ne Lanno del dragone, di Michael Cimino, che lo lancia come star planetaria. A consacrarne la leggenda sarà però Nove settimane e mezzo, nel 1987, film culto per gli anni ottanta, in cui Rourke concede al suo classico personaggio una spruzzata glamour di yuppismo. Fatta però eccezione per \"Angel Heart, di Alan Parker, la sua carriera inizia presto una inesorabile discesa: film di ottimo livello come Johnny il bello di Walter Hill e Ore disperate di Cimino, non riscuotono il successo dovuto e Rourke scivola lentamente in pellicole sempre più marginali, benché sempre più autobiografiche e sentite: terrorista irlandese in Una preghiera per morire (Rourke nella vita finanzia lIRA, di cui sfoggia il simbolo tatuato su una spalla), scrittore straccione e alcolizzato in Barfly, tratto nientemeno che da Bukowski, pugile suonato in Homeboy, harleysta senza meta in Harley Davidson & Marlboro Man. Declassato a Hollywood, alimenta caparbiamente il suo personaggio di ribelle naif e cafone, mentre i gossip sulla vita privata sembrano confermare tutto: il ritorno sul ring a rischio della vita, le botte alla bellissima moglie Carré Otis, incontrata sul set di Orchidea selvaggia, gli appartamenti lasciati con i segni dei pugni sui muri e le sgommate di motocicletta in salotto, le risse al baretto gestito con il fratello nel Gran Passage di Beverly Hills, il Mickey & Joey. F.T.W. Fuck the World, potrebbe essere la risposta di Rourke alle accuse, presa a prestito da un altro titolo maledetto in cui veste i panni di un campione di rodeo innamorato di una rapinatrice di banche. Mentre in Italia sono in uscita La vendetta di Carter, che lo vede a fianco di Stallone (altro grande emarginato dalla Hollywood che conta), e Uscita di sicurezza, è impossibile fare un bilancio della carriera di un attore discontinuo e a suo modo geniale, costantemente in bilico tra autodistruzione e ripescaggio in extremis. Verrebbe da citare lultima battuta di Harley Davidson & Marlboro Man, quando Rourke in sella alla fidata Harley sfreccia verso il tramonto e si ferma per caricare una biondona che fa lautostop: Dove vai?, chiede lui, Da nessuna parte, risponde lei. Bene. Ci vado anchio.      
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