
La forza di “Mammuth” è tanto nella sceneggiatura quanto nella regia. Il duo francese tratteggia sempre personaggi sopra le righe, uomini e donne in conflitto con il mondo, ma che riescono in qualche modo ad andare avanti per la loro strada. Non c'è tragedia nei loro percorsi, o almeno loro non la percepiscono mai. Nessuno può fermare la loro candida ingenuità.

La comunicazione verbale viene aggirata dalle azioni. Si arriva sempre direttamente al sodo grazie ad un montaggio che si potrebbe definire quasi brutale nel tagliare corto. I corpi sono più che mai materia su cui costruire significati. Era così in “Louise Michel” e la doppia sessualità dei protagonisti è così in “Mammuth” con il Gerard Dépardieu di cui abbiamo parlato sopra.. Per indagare la provincia francese Delépine e de Kervern scelgono immagini sgranate, quasi a suggerire quell'idea di “film e storia che non avrebbe nessun motivo per essere raccontata” che dà un finto senso di artigianalità al prodotto. Il loro occhio, al contrario, è più che mai studiato, attento ai dettagli, sempre alla ricerca del paradossale all'interno di un realismo su cui non possiamo contraddire: non lo conosciamo abbastanza. Il risultato è un film divertente e allo stesso tempo disturbante. Gran bel lavoro.