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Luis Buñuel: il cinema come una palpebra bianca

Basterebbe che la bianca palpebra dello schermo potesse riflettere la luce che le è propria, per far saltare l'universo

Intervista al figlio di Bunuel

14.04.2003 - Autore: Filippo Golia
Si erano spenti da poco i fuochi d\'artificio che avevano salutato l\'inizio del 1900 quando, il 22 febbraio nacque nella provincia aragonese di Teurel, in Spagna, Luis Buñuel. Era il figlio di un commerciante emigrato per anni a Cuba e di una ragazza di 17 anni. A Madrid, dove si è trasferito nel 1917 e studia lettere, Buñuel incontra presto il proprio destino. Un destino che ha il nome di Salvador Dalì, Federico Garcìa Lorca, Rafael Alberti. Nel 1925, si trasferisce a Parigi insieme a Dalì e incontra André Breton, leader carismatico dei surrealisti. Amico di pittori e artisti, boxeur dilettante, Buñuel ha alle spalle qualche esperienza come aiuto regista quando chiede alla madre i soldi con cui realizzerà \"Un chien andalou\", il suo primo cortometraggio (17 minuti), descrizione incrociata di due sogni, uno suo e uno di Dalì. Un anno dopo arriva \"L\'age d\'or\", finanziato dai visconti Noialles, ammiratori del giovane cineasta. \"L\'age d\'or\" è un film del 1929 che ancora oggi può sconvolgere lo spettatore, colpendolo al centro delle fantasie e forse scandalizzandolo, sia per la sua logica onirica, che per l\'uso spregiudicato dei simboli della religione cattolica. Per esempio, il marchese De Sade appare, dopo un\'orgia, con l\'aspetto di Gesù Cristo. Dopo queste prove iniziali Buñuel realizzerà altri 32 film, 19 dei quali in Messico divenuta la sua seconda patria dopo la vittoria franchista in Spagna. Tuttavia è solo dopo il ritorno in Francia, nel 1965, che arrivano il grande successo commerciale e di critica. Il film \"Bella di giorno\", con Catherine Deneuve, vince il Leone d\'oro al Festival di Venezia. Gli ultimi film del grande regista, come \"Tristana\", \"Il Fascino discreto della borghesia\", \"Il fantasma della Libertà\" e \"Quell\'oscuro oggetto del desiderio\", ricongiungono l\'esperienza surrealista alla tradizione narrativa più classica, che risale alla novella e al romanzo ottocentesco. Fino alla fine Buñuel resta fedele alla sua definizione rivoluzionaria e poetica del cinema: Basterebbe che la bianca palpebra dello schermo potesse riflettere la luce che le è propria, per far saltare l\'universo.    
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