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Le strade del musical

Il genere cinematografico che, insieme al western, ha caratterizzato e contraddistinto la produzione hollywoodiana in quanto tale è stato senza dubbio il musical.

Moulin rouge

17.02.2003 - Autore: Adriano Ercolani
Il genere cinematografico che, insieme al western, ha caratterizzato e contraddistinto la produzione hollywoodiana in quanto tale è stato senza dubbio il musical: la potente macchina dei sogni ha saputo, grazie soprattutto alla capacità economica delle Major, costruire un immaginario cinematografico in cui lo sfarzo e la commistione di musica, danza e recitazione hanno affascinato milioni di spettatori in tutto il mondo; pensiamo ai film con Fred Astaire, Ginger Rogers, Gene Kelly, diretti da maestri della settima arte come ad esempio il grande Vincent Minnelli. Quando perciò, a partire dalla seconda metà degli anni 50, lindustria hollywoodiana è entrata nella crisi che lha poi portata ad un sensibile rinnovamento, il primo genere cinematografico ad essere notevolmente ridimensionato è stato proprio il musical, in quando prodotto decisamente dispendioso sia a livello economico che per il dispiego dei mezzi. Apparentemente defunto, almeno per quando riguarda le tipologie e gli stilemi della cosiddetta epoca classica di Hollywood, il musical ha però iniziato a percorrere altre strade, re-inventandosi sia a livello tematico che estetico.   Fin dallinizio degli anni 70 infatti opere come Jesus Christ Superstar (id., 1973) e soprattutto The Rocky Horror Picture Show (id., 1975) hanno rappresentato vere e proprie opere sparti-acque, capaci di immettere in simili produzioni la ventata di rinnovamento della cultura giovanile di quellepoca. Il musical è diventato perciò in questo periodo qualcosa daltro rispetto al passato, dove laspetto consolatorio e politically correct aveva caratterizzato almeno quarantanni di cinema americano. Molti autori hanno iniziato ad esprimere attraverso questa forma-contenitore anche la loro esperienza artistica e personale: il grande Bob Fosse, ad esempio, ci ha regalato con All That Jazz (id., 1979) un capolavoro assoluto di intimismo psicologico e grandezza della messa in scena, aiutato da un Roy Scheider-alter ego bravo come mai in futuro.   Negli anni 80 la strada del musical è sembrata interrompersi quasi del tutto fatti salvi rari e brillanti esempi come The Wall (Pink Floyd The Wall, 1982) di Alan Parker o Chorus Line (1985) di Richard Attenbrough salvo poi riprendere con uninaspettata vitalità nel decennio successivo. La caratteristica principale di questa nuova era del musical contemporanea è stata che ad esso non si sono dedicati specialisti del genere, ma autori a tutto tondo, che hanno scelto di cimentarsi con esso per proporre la loro visione estetica e soprattutto poetica. Registi come Lars Von Trier (Dancer in the Dark, id., 2000), Kenneth Branagh (Love Labours Lost\" 1998), Baz Luhrmann (Moulin Rouge, id., 2001), solo per citare i più importanti, hanno adoperato la strada del musical in maniera sfrontata e post-mderna, costruendo a loro modo un nuovo modo di concepire questo tipo di produzione. Non dovrebbe smentire questa nuova strada anche Chicago (id., 2002), tratto da unopera di Bob Fosse e già diventato un cult in America. Staremo a vedere...