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L'ABC della tv

Il Roma Fiction Fest rende omaggio al network americano e alle sue grandi produzioni in materia di serie.

ABC Masterclass RFF 2010

05.07.2010 - Autore: Elisabetta Tirabassi e Ludovica Sanfelice
Barry Jossen, Executive Vice President Studio Creative and Production della ABC, è nella capitale per ricevere il premio all’eccellenza ed incontrare il pubblico del Roma Fiction Fest con una Masterclass speciale dedicata al grande network americano.
E’ un uomo giovane, ironico ed energico, ha il piglio aggressivo tipico della leadership ed è pronto ad accompagnare la sua audience attraverso un percorso nella sezione creativa e produttiva dalla ABC.
Comincia proprio dall’a-b-c. E ci racconta come tutto parta da una grande storia con i suoi personaggi, le sue ambientazioni, il suo pensiero. Credibilità è la parola d’ordine, la regola d’oro per conquistare il pubblico e permettergli di identificarsi in ciò che vede, di orientarsi negli spazi, nei dialoghi perché si generi una chimica tra i personaggi, e ancora tra i personaggi e il pubblico.

La noia è il nemico giurato e a vincerla concorrono diversi fattori, primo tra tutti la profondità del racconto, stratificato su più livelli: storia di ogni episodio, storia singolare del protagonista che cresce nel corso degli episodi, storie parallele degli altri personaggi, intrecci tra le storie, e via dicendo in una catena piena di ritmo capace di irretire chi guarda. La meccanica da sola però vale poco; a nutrirla le emozioni, forti, autentiche, radicate nell’universo del possibile a rispecchiare l’energia moderna della comunicazione reale, accessibile a tutti.

Come afferma Jossen, a cambiare le regole della narrazione e a trasformare la qualità delle serie che oggi rappresentano uno spicchio fortissimo dell’industria dell’intrattenimento in America sono stati soprattutto tre show.

Il pioniere è senz’altro “24” (prodotto dalla rivale Fox) che a partire dalla trama ha annientato la classica fruizione a puntate a vantaggio di un unico film lungo 24 episodi cominciando ad allenare lo spettatore ad una visione costante e paziente, ad un appuntamento imperdibile e fisso. I broadcaster erano scettici, diffidavano di questa radicale serializzazione. Poi la scommessa, vinta prima con “24” e più tardi con “Lost” che questa estetica l’ha portata alle estreme conseguenze azzardando ancora di più sul piano della sceneggiatura.

In mezzo “Desperate Housewives” che ha riportato nel prime time il genere soap opera, stracciando ogni concorrenza con la cattiveria di personaggi perfettamente identificati perfino nel guardaroba. Già, perché il racconto, quello di qualità, non passa solo attraverso la parola ma si struttura su tre basi ormai imprescindibili in un set americano come la fotografia (design, costumi, location e illuminazione), il suono (dialoghi e musica) e il tessuto narrativo. Le casalinghe ad esempio sono abbinate ad una gamma di colori, si tratta di un dettaglio che però a ben guardare trasmette allo spettatore un messaggio subliminale che lo guida segretamente alla fruizione senza richiedere sforzi di immaginazione. Lo stesso discorso vale per “Ugly Betty” in cui le ambientazioni esercitano un peso notevole nel veicolare il senso del sogno di questa ragazza venuta dal nulla. Tutto brilla, luccica, gli spazi sono ampi, pieni di comparse sempre in movimento a rappresentare un mondo fantastico e pieno di opportunità.

A completare l’esperienza della visione ci pensa poi anche il suono che nelle serie ABC è fortemente valorizzato, per identificare e distinguere una serie dall’altra. Se uno spettatore distratto con la tv accesa in un’altra stanza sente la sigla o il tema musicale abbinato a uno show, deve essere messo in  grado di riconoscere la trasmissione e catapultarsi sul divano. Come il richiamo delle sirene.

Per quanto riguarda la storia l’obiettivo è la perfezione artigianale, l’armonia degli elementi, lo sfruttamento di tutti gli strumenti a disposizione che si avvale della tecnologia, è ovvio, ma la piega alle necessità di un racconto che è prima di tutto pura energia.

L’ABC (fino alla Z) di ogni progetto è però comunque e sempre, sempre, sempre lo spettatore.