NOTIZIE

La tensione non manca mai, neppure tra due amanti

Tra baci mozzafiato e cadaveri, il re del terrore riusciva a bilanciare i sentimenti dei personaggi attraverso una tensione che non si allentava mai

Hitchcock

12.04.2007 - Autore: Alessandra Galassi
IL DESIDERIO E IL DUBBIO   Il punto culminante di un film di Hitchcock è spesso un abbraccio, intenso, vertiginoso, che stordisce. L’uomo che ha messo in scena alcuni dei più bei baci della storia del cinema ha anche conferito a quelle scene il carattere di un “ménage à trois”: la donna, l’uomo e la macchina da presa. Pensiamo all’indimenticabile potenza erotica dell’abbraccio tra Ingrid Bergman e Cary Grant in Notorius o tra Kim Novak e James Stewart in La donna che visse due volte. Nello stesso modo in cui la macchina da presa gira intorno ai due personaggi mentre si baciano, allo stesso modo il visitatore di un museo gira intorno ad una scultura. Hitchcock voleva insomma dire che i punti di vista sono simili: entrambi cercano di avere una visione a tutto tondo. Il bacio di Rodin invita alla stessa esperienza di contemplazione indiscreta. La fusione e la fatalità dell’unione inseparabile sono gli stati che portano la coppia hitchcockiana al sacrificio. Per Hitchcock il desiderio è un’energia che può trascinare verso inquietanti reversibilità. Da una parte, la donna idolatrata e unica si moltiplica, come Marnie, il cui viso e la cui personalità sono multiple, e, dall’altra, la differenza sessuale tende a dissolversi dentro questi eccessi passionali e simbiotici: la giovane Charlie e suo zio in \"L’ombra del dubbio\" hanno illustrato chiaramente la metafora di questo assorbimento. Nell’opera hitchcockiana l’altro è tanto l’oggetto dei nostri desideri d’amore che delle nostre pulsioni di morte.     L’INQUIETUDINE   Il sentimento dominante provato dallo spettatore dei film di Hitchcock è probabilmente l’inquietudine. Per raggiungere il culmine della tensione è necessaria una meticolosa e sapiente preparazione drammatica. L’inquietudine hitchcockiana può nascere spesso in luoghi domestici insignificanti, apparentemente familiari. L’architettura dei decori, reali o ricostruiti in studio, è ugualmente stata oggetto di un’attenta cura da parte del regista. Come dimenticare quelle case qualunque, che l’isolamento trasforma in tombe, quei castelli neo-gotici che alla luce dei lampi appaiono come sepolcri abitati da spiriti, quelle soglie di appartamenti scuri con le lunghe file di porte chiuse? L’immaginario del romanticismo nero e quello surrealista e metafisico hanno influenzato questi decori: non va dimenticato infatti che Hitchcock fu contemporaneo della pittura metafisica e del surrealismo. Così, la mostra - da Léon Spilliaert a Giorgio De Chirico - propone dipinti come “Piazza d’Italia”, insieme a “La collina del faro” di Edward Hopper,     IL TERRORE   E’ senza dubbio il cadavere squartato, sanguinante di Janet Leigh in Psycho che produce il terrore più insopportabile. Lo spettatore che toglierà il suo sguardo dallo schermo lo farà invano, poiché il terrore non è nello schermo ma dentro quello che il nostro realizzatore ci costringe a immaginare: un corpo tagliato come quello di un animale in un mattatoio… lo scolo della vasca da bagno che inghiottisce il sangue. Uccidere, cucinare e mangiare vanno spesso di pari passo nei film di Hitchcock e questo non può che rivelare una volontà controllata.  
FILM E PERSONE