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La ricerca della felicita'
La coppia Muccino-Will Smith ci regala un film che sviscera il lato oscuro della conquista dell'"american dream", fatta di sacrificio, privazione, indigenza

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Gabriele Muccino. Potendo finalmente lavorare su un testo valido, il regista rivela un maturità stilistica che sinceramente non credevamo ancora possibile. Pur essendo un cineasta assolutamente capace di muovere la macchina da presa, dimostra invece una grande lucidità nel lavorare all’interno dell’inquadratura, sfruttando al massimo il lavoro di Phedon Papamichael alla fotografia e di Michael J. Riva alle scenografie. Ne è venuta fuori una regia assolutamente misurata, intensa nel seguire i proprio personaggi eppure sempre partecipale presente con delle sottolineature non forzate. In un sol colpo Muccino sembra essersi sbarazzato di una sintassi filmica che nei suoi precedenti film eccedeva in retorica, e si pone come cineasta intelligente nella sua trovata sobrietà.
Sembra quasi impossibile che una pellicola dura e per niente scontata come “La ricerca della felicità” abbia ottenuto un simile successo di pubblico in America: un film che sviscera il lato oscuro della conquista dell’”american dream”, fatta appunto anche di sacrificio, privazione, indigenza. I gloriosi anni ’80 di Reagan raccontati invece come un periodo difficile, contraddittorio.