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La poesia della narrazione

Abbandonate l'affascinante visione di cinema che Shyamalan vi ha regalato fino ad ora e preparatevi ad abbracciare il suo capolavoro. Stratificato e coinvolgente, il film viene poi sorretto da un Paul Giamatti di bravura assoluta

Lady in the Water

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
   

 

Nel volerci restituire tutta la profondità e l’importanza di una favola, il regista ha improntato una messa in scena che si adeguasse in pieno a questo magico connubio semplicità/poesia; sotto il punto di vista squisitamente estetico “Lady in the Water” si presenta come un film all’apparenza povero, girato tutto in un condominio anonimo: eppure la visione in cui Shyamalan ci immerge è cinema allo stato puro, in cui suono ed immagine si fondono in un vortice capace di innescare un’emozione primaria, quasi infantile (non è a questo che servono le favole?). Merito di ciò va anche attribuito alla splendida fotografia di un grande direttore come Christopher Doyle ed alle musiche vorticose di James Newton Howard. 

Realizzando una storia che spesso mostra le difficoltà di saper comunicare nella maniera più intima e diretta -  quella appunto della parola detta a voce - Shyamalan riafferma la necessità assoluta di ritrovare empatia e com-passione nell’adoperare proprio la narrazione orale come fonte primaria di scambio, culturale prima ed emozionale poi. “Lady in the Water” è proprio questo, un film sui rapporti umani che possono rinascere quando si è costretti a riappropriarsi di alcune abilità fondamentali: quella del racconto e quella dell’ascolto.   Questo splendido lungometraggio spinge lo spettatore ad “ascoltarlo”, a sentirne l’anima pulsante che si muove sotto la bellezza dell’immagine. Un’opera che sa trovare la poesia tra le righe della prosa. Un dono prezioso ed etereo, da stringere affinché non scappi troppo in fretta, come le parole…




FILM E PERSONE