

NOTIZIE
La guerra, i media e gli spettatori
Di fronte allo shock prodotto dal melting in diretta del World Trade Center si è assistito subito ad una asimmetria tra la potenza delle reti mediatiche e la capacità di avere informazioni pertinenti per poter elaborare sull'accaduto.

14.03.2003 - Autore: Luca Muscarà
Che la dimensione mediatica sia fin dallinizio una delle armi più potenti in campo nel mondo che si apre allindomani dellattacco terroristico agli Stati Uniti, lo si è visto già dalla diretta televisiva da New York lo stesso giorno dellattacco, e si è già ampiamente discusso del fatto che limpatto mediatico dellattentato fosse parte dello stesso piano destabilizzante dei terroristi.
Che i media rappresentino una delle principali armi da utilizzare nella risposta che gli Stati Uniti e i loro alleati intendono dare allattacco terroristico subìto, alla pari con le altre armi civili (finanziarie, intelligence, relazioni internazionali), oltre che con le armi militari convenzionali, lo si è ugualmente potuto comprendere fin dallinizio e se ne è comunque avuta conferma diretta nel discorso di Bush al congresso e alla nazione del 20 settembre.
Vi è tuttavia ancora una dimensione che riguarda la nostra società dellinformazione che mi pare non sia stata ancora del tutto elaborata, e che vede i cittadini del mondo libero partecipi non solo come pubblico passivo di quanto accade grazie alle reti mediatiche. Per comprendere meglio questa dimensione potrà essere utile una rapida ricostruzione di quanto avvenuto alla luce del ruolo svolto dai media nelle principali fasi trascorse.
La Storia in tempo reale
Di fronte allo shock prodotto dal melting in diretta del World Trade Center si è assistito subito ad una asimmetria tra la potenza delle reti mediatiche che riprendevano e trasmettevano in tempo reale quanto stava accadendo e la capacità di avere informazioni pertinenti per poter elaborare sullaccaduto. La nube di cenere che si alzava sul familiare skyline di Manhattan, così come il Pentagono sventrato, erano immagini tanto simboliche quanto eloquenti, tali da aprire una catena di interrogativi sconcertanti. Interrogativi che minavano in profondità certezze fino a un istante prima considerate acquisite e che si rivelavano di colpo fragili, grazie allimportanza sia materiale che simbolica dei bersagli colpiti, con il risultato di aprire baratri di dubbio e incertezza.
Ad interrogativi così destabilizzanti si è cercato di dare risposta immediata collegandosi alle solitamente rassicuranti reti dellinformazione che sostengono e avvolgono il nostro mondo. Mentre le torri bruciavano e crollavano sotto gli sguardi attoniti di milioni di persone, televisione e radio davano prova di una centralità rinnovata nel sistema mediatico. Non si può dire lo stesso invece per internet e le reti telefoniche, che nel giro di unora collassavano per il sovraccarico di richieste, rivelando una fragilità inaccettabile per limportanza che questi strumenti occupano nella vita del mondo globalizzato in cui credevamo di essere.
Daltro canto è comprensibile che linformazione necessaria a contestualizzare e comprendere quel flusso infernale di immagini che da downtown si propagava a tutto il pianeta non potesse essere subito disponibile se non in forma estremamente incompleta e frammentaria. Mentre il governo gradualmente prendeva il controllo del quadro, iniziando a comunicare i primi dati sullaccaduto, in attesa di aggiungere qualche ulteriore tassello di informazione utile a ricostruire un quadro interpretativo più completo, unoverdose collettiva di realtà coinvolgeva milioni di persone attraverso la televisione. Dopo molte ore passate davanti allo schermo, poco si riusciva ad apprendere di nuovo, oltre al coro internazionale della solidarietà, e la scarsità di dati realmente utili a comprendere meglio il quadro veniva affannosamente compensata dalla ritrasmissione incessante delle immagini dellapocalisse, fino a portare buona parte del pubblico allo sfinimento e alla nausea.
The day after
Sullonda emozionale dellaccaduto, dal day after entrava in azione la carta stampata: i quotidiani per primi e tutti i media poi si erano riorganizzati e messi al lavoro cercando in questa occasione di dare per quanto possibile il meglio di se stessi, per rispondere ad una voragine di interrogativi percepiti come di rilevanza ontologica, e che partivano da una base così generale. E gli interrogativi sullaccaduto ne aprivano altri di inquietanti sul futuro di tutti--interrogativi che restano ancora aperti--ai quali si è cercato di dare risposta su tutta la stampa internazionale con una quantità di commenti ed elaborazioni dei fatti anche di grande profondità e respiro, in un onda generale che non ha sorpreso tanto per la rapidità di reazione quanto per la vitalità delle analisi, in netta rottura con una tradizione mediatica che pareva prima prigioniera di una routine anestetica e a volte soporifera. Le analisi dello scenario internazionale, delle forze in campo, delle azioni da intraprendere e degli errori da evitare si sono moltiplicate su tutto il panorama mediatico offendo una rappresentazione delle energie intellettuali presenti nella nostra società assai più costruttiva di quanto la ordinaria routine mediatica potesse far credere.
Evidentemente sia i media intesi come organizzazioni che gli operatori mediatici ordinariamente sopiti, di fronte ad una catastrofe di queste dimensioni hanno reagito al meglio di se stessi. In questa tragica occasione che per la sua natura ha toccato alle fondamenta lidentità collettiva, tutti si sono sentiti di esprimere il proprio punto di vista e lo hanno fatto spesso offrendo piccole e grandi analisi di ampio respiro, con una pluralità ed un numero di voci che costringerebbero ognuno ad impegnare buona parte della giornata per assumere tanta abbondanza di informazione.
Lo Stato e la rappresentazione della realtà
Se le operazioni in corso a ground zero cominciavano a riprendere il controllo del quadro a terra in modo più stabile e organizzato, mano a mano che lintelligence iniziava a ricostruire a ritroso il quadro terroristico e a fornire nuove informazioni, la macchina governativa veniva gradualmente precisando la propria posizione, guidando lelaborazione del lutto collettivo ed appropriandosi in parte anche di alcuni stimoli emersi attraverso il dibattito mediatico stesso che venivano incorporati utilmente nella linea ufficiale, in un crescendo quasi quotidiano che culminava nel discorso di Bush al congresso.
In questa fase lo spazio mediatico ha visto necessariamente una graduale diminuzione del numero dei commenti di qualità degli osservatori esterni, e moltiplicarsi invece il peso della posizione ufficiale del governo americano che ha iniziato ad utilizzare consapevolmente la stessa macchina mediatica da un lato per creare fervore e unità nazionale e dallaltro per mettere sotto pressione pubblicamente quegli Stati che si ritiene ospitino i terroristi.
Ad alcuni giorni di distanza ed in attesa delle evoluzioni dello scenario internazionale, le analisi pubblicate sembrano aver perso parte della vitalità e della pregnanza dei primi giorni, mentre lesigenza di riprendere una vita normale comincia a farsi sentire più forte. La necessità di esorcizzare laccaduto ed insieme di digerire lorgia di informazione nella quale langoscia sul futuro ci ha improvvisamente precipitato, portano ad un leggero raffreddamento del pubblicomi è capitato di sentir discutere di quale fosse la miglior inquadratura trasmessa dellimpatto del 767 sulla Torre Sud.
Superare la nausea
Si apre ora una nuova fase: essa vede necessariamente il governo americano principale protagonista dellintera partita e dunque in primo luogo dello spazio mediatico, mentre il pubblico già frastornato dallo shock dellaccaduto, nauseato dalloverdose di immagini e di informazione, stupito dallentità degli scenari chiamati in causa, si trova ora a dover subire una fase di manipolazione mediatica necessaria sia a mantenere lo spirito di unità nazionale ed internazionale che a mettere sotto pressione gli avversari nel tentativo di spingerli a dissociarsi in concreto dalle reti del terrorismo. E anche dallaltra parte del campo il gioco della rappresentazione tra la piazza e i media sembra venire giocato con la stessa spregiudicatezza.
La possibilità del pubblico e dei commentatori di mantenere un punto di vista indipendent