

NOTIZIE
La fabbrica dei sogni
La fabbrica dei sogni

08.08.2001 - Autore: Adriano Ercolani
Se volgiamo velocemente lo sguardo alla storia del cinema del nostro paese, notiamo come tutti i grandi autori italiani abbiano usufruito dei grandi mezzi e delle competenze tecniche e artistiche che Cinecittà ha offerto loro. Dai registi che, dopo la grande stagione del Neorealismo, sono tornati nei teatri di posa per dare sfogo alla loro immaginazione ed alle loro visioni, ai cineasti che nellimmediato dopoguerra hanno preferito le ricostruzioni sceniche ai luoghi oggettivi del Neorealismo. Forse pochi sanno che il capolavoro che ha chiuso la stagione del Neorealismo, Umberto D. (id.,1953) di Vittorio De Sica, è stato girato in buona parte a Cinecittà. Ma anche le scene di Bellissima (id.,1950) di Luchino Visconti. o de Il Generale Della Rovere di Roberto Rossellini sono il frutto dei grandi mezzi produttivi di Cinecittà.
Il primo tra tutti a tornare a girare in studio è stato, ovviamente, Federico Fellini, che con il suo genio ha reso il Teatro 5 e le scenografie che vi ha fatto costruire allinterno un mito della cinematografia mondiale. Ancora oggi, poggiata in un prato in fondo ai teatri, si può ammirare lenorme testa della statua che usciva dallacqua allinizio de Il Casanova di Federico Fellini (id.,1976). Circondatosi di grandi artisti della scenografia e dei costumi come Danilo Donati o Pietro Gherardi, lautore ha saputo dare pieno sfogo alle sue fantasie e creare così opere visivamente sublimi come La Dolce Vita (id.,1959), Otto e Mezzo (id.,1962), Giulietta degli Spiriti (id.,1965) o Fellinis Satyricon (id.,1970), giusto per citarne alcuni.
Non solo il maestro riminese, ma tutti i più famosi autori che di sono imposti a partire dalla fine degli anni 50 hanno dato vota ai loro capolavori allinterno dei teatri di Cinecittà: Mario Monicelli e I Soliti Ignoti (1958), Sergio Leone e lepopea western di CEra una Volta il West (id.,1968), Luchino Visconti ed i suoi ritratti decadenti di La Caduta degli Dei (id.,1969) e Morte a Venezia (id.,1970). Anche un autore iconoclasta e controcorrente come Pier Paolo Pasolini ha adoperato gli studi di Cinecittà per comporre alcune scene dei suoi film più impegnativi a livello scenografico, come la Medea (id.,1970).
Con la crisi del cinema italiano che è iniziata circa verso la metà degli anni 70, la produzione di film che impegnassero grandi scenografie o costumi è andata lentamente scemando, fino a scomparire quasi del tutto. Ciò non significa però che il lavoro a Cinecittà si sia fermato, tuttaltro. Numerosi film hanno continuato ad essere girati allinterno degli studi, ma sicuramente prodotti con minor dispendio di energie economiche e fisiche. Ettore Scola, Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Roberto Benigni e molti altri nomi di punta del nostro cinema hanno continuato a prediligere Cinecittà. Negli ultimi anni invece, grazie ad una qual certa ritrovata forza del nostro cinema, e soprattutto grazie agli investimenti di capitale straniero (principalmente americano) in co-produzioni, grossi film sono tornati ad essere realizzati nei teatri: primo tra tutti LUltimo Imperatore (The Last Emperor,1987), il colossal di Bernardo Bertolucci che ha fruttato allautore ed ai numerosi tecnici che vi hanno lavorato la bellezza di nove premi Oscar.
Negli anni più recenti il regista che ha usufruito al meglio delle grandi competenze offerte da Cinecittà è stato senza dubbio Giuseppe Tornatore, che prima vi ha ricostruito interamente i claustrofobici interni del suo sfortunato ma bellissimo Una Pura Formalità (id.,1994), e poi vi ha creato le immense e poderose scenografie del suo film fino ad oggi più costoso, La Leggenda del Pianista sullOceano (id.,1998), interpretato da Tim Roth.