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LA DISOBBEDIENZA NEI PUGNI

LA DISOBBEDIENZA NEI PUGNI

alì

04.01.2002 - Autore: Luca Perotti
Lingua di fuoco e ganci devastanti. Gradasso, scorbutico e impulsivo: un provocatore nato, fuori e dentro il perimetro del ring. La figura di Cassius Clay alias Mohammed Alì alias The Greatest ha spaccato trasversalmente la storia dello sport, non solo quella della boxe di cui è indubbiamente lintramontabile incarnazione. La Columbia ha puntato pesante, ben cento milioni di dollari, per raccontare la biografia di questo debordante asso del pugilato e della comunicazione. Ad indossare i guantoni e a prodigarsi in rabbiosi e invasati battibecchi contro il mondo intero è stato scelto Will Smith, alle prese con il ruolo cruciale, quello della svolta nella sua finora eclettica ma spensierata carriera di attore. A coordinarlo, dietro la cinepresa, lo sguardo aspro di Michael Mann, particolarmente a suo agio con le storie di grande spessore. Michael Mann mette la sua peculiare abilità a tessere trame ad alta densità narrativa al servizio di un personaggio leggendario e complesso, calato in un contesto storico strabordante di sollecitazioni sociali e politiche. La sceneggiatura mette a fuoco lo spaccato di vita di Mohammed Alì e dellAmerica a partire dal 1964, dalla notte in cui conquistò il primo titolo di campione dei pesi massimi a spese di Sonny Liston; per concludersi dieci anni dopo, con la riconquista della stessa cintura ai danni del più giovane e potente George Foreman in un match combattuto nel lontano Zaire. Una decade di grandi tumulti e trasformazioni sia personali che sociali; lascesa epica di un uomo eccessivamente carismatico, odiato e amato con la stessa intensità perché pronto ad affrontare a muso duro e con unarroganza fuori del comune i suoi avversari, in qualsiasi contesto lo invitassero alla sfida. Parallelamente alle sue imprese pugilistiche, infatti, la sua vita privata fu pregna di avvenimenti che lo posero al centro dellattenzione: il suo graduale avvicinamento alle ragioni della protesta black tanto da proporsi come icona della minoranza nera; il suo rapporto con Malcom X ( interpretato qui da Mario Van Peebles); la chiacchierata conversione alla fede islamica che lo portò a cambiare nome; lo sprezzante rifiuto di combattere la sporca guerra vietnamita che gli costò tre anni di sospensione. La disobbedienza contro il sistema, contro qualsiasi parvenza di sopruso era espressa da Alì con la collera, dialettica e non solo, di chi attacca prima di essere attaccato. Michael Mann valica i limiti del semplice panegirico biografico rinvigorendolo con il dramma, con la fascinazione tipica del racconto epico, con la calzante puntualità storica e la ricostruzione di una carriera sportiva esaltante e irripetibile. Unimpresa che lautore di The Insider e Lultimo dei Mohicani - che ha sostituito Barry Sonnenfeld, inizialmente scelto per il progetto- ha confezionato usando uno stile pseudo-documentaristico con un corposo lavoro di macchina a mano e lausilio insistito di piano-sequenza per restituire una tenebrosa aura di realismo. Soprattutto le stimolanti scene sul ring sono state girate in modo da suscitare una sensazione di claustrofobia e, abbinate alluso di un suono crudo e ossessivo, contribuiscono a rendere ancora più ficcanti i colpi assordanti dei pugni e a scaraventare lo spettatore nel centro del maelstrom di ferite, dolore, stress e chiasso, ovvero nel vortice di un match di pugilato. Lo stesso turbinio di attacchi e difese, di minacce e di violenza che Alì distribuiva e riceveva nella sua vita pubblica, costantemente sotto i riflettori accecanti della fama.      
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