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INTERNET COME SOLUZIONE ALTERNATIVA AL CINEMA

INTERNET COME SOLUZIONE ALTERNATIVA AL CINEMA

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14.04.2003 - Autore: Fabrizio Marchetti
Nell'era della convergenza tecnologica il matrimonio tra la mirabile invenzione dei fratelli Lumière e l'universo telematico è ormai molto più che una promessa. Quotidianamente, da ogni parte del mondo, piccole, medie e grandi aziende finanziano e producono nuovi siti legati all'intrattenimento cinematografico. Il loro obiettivo è conquistare una crescente fetta di utenza, tanto ammaliata dalle enormi potenzialità della rete, quanto desiderosa di alimentare una delle forme di intrattenimento più prolifiche di tutti i tempi, favorendo inoltre lo sviluppo di una modalità creativa ed artistica alternativa a quella canonica della produzione filmica su celluloide. A questo proposito, non è un caso che il web stia offrendo ai cinefili sempre maggiori possibilità di sperimentare differenti modi di fruire delle pellicole cinematografiche: lanciare QuickTime, Real Player o Windows Media Player per visionare trailers, corti e lungometraggi è una pratica multimediale assolutamente comune. Internet, quindi, come rete di distribuzione universale e parallela rispetto alla sala. La via telematica come percorso espressivo capace di veicolare e promuovere le rappresentazioni artistiche di affermati filmmakers o di cineasti emergenti. In tale contesto di sperimentazione ed evoluzione degli standards di fruizione sta riscuotendo un successo strepitoso il cosiddetto "millimetraggio". Coniato ed utilizzato per la prima volta dagli Universal Studios, il neologismo designa una particolare tipologia di cortometraggi di brevissima durata (da cinquanta secondi a pochi minuti), pensati e realizzati esclusivamente per il web. Un'autentica gara contro il tempo per raccontare una storia di senso compiuto attraverso un susseguirsi incessante di suoni ed immagini. In Italia, il padre del nuovo genere è stato Filippo Clericuzio (alias Ilabeka), giovane autore friulano, già ideatore di un centinaio di lavori on line e vincitore di numerosi riconoscimenti (ultimamente, con l'acclamato "Duel", si è aggiudicato il primo premio a "Videominuto 2000", la rassegna di Prato presieduta dai fratelli Marco e Antonio Manetti). Dal 1998 in poi anche altri registi (da Cosimo Alemà e Romana Meggiolaro a Vincenzo Scuccimarra e Marcello Gori) hanno deciso di orientarsi verso questa originale forma di produzione, agevolandone pertanto la diffusione su larga scala (garantita peraltro dall'incessante proliferazione di kermesse virtuali come quella del "Cinecittà Internet Film Festival"). Il fenomeno dei millimetraggi non rimane comunque circoscritto alla sola realtà italiana. Al contrario, la provenienza delle opere risulta per lo più appannaggio di altri Paesi, tra cui naturalmente spicca, per portata e rilevanza, l'America hollywoodiana. Non sorprende, dunque, che il "caso" per eccellenza sia quello di due effettisti statunitensi, Bruce Branit e Jeremy Hunt, geniali realizzatori dell'adrenalinico "405". In rete dal 5 giugno del 2000, il millimetraggio è stato finora scaricato da circa 3.200.000 visitatori, infrangendo ogni record del settore e proponendosi all'attenzione di tutti come il più classico esempio di mini web film di successo. Il panorama dei millimetraggi non è tuttavia senza problemi: le difficoltà emergono quando si considerano gli aspetti tecnici legati alla velocità di visione dei file video. Quest'ultimi, infatti, poiché devono descrivere una mole molto ingente di dati, generalmente hanno un elevato peso in byte. Si fa ricorso allora all'utilizzo di algoritmi di compressione, capaci di ridurre la quantità delle informazioni senza rovinarne per questo l'aspetto. Più precisamente esistono due tipologie differenti di algoritmi: quelli LOSSLESS che mantengono inalterati i dati originali e quelli LOSSY che si basano sul "principio del filtraggio", ossia dell'elisione delle parti informative ridondanti (tipo gli elementi ripetuti di uno sfondo) e della conseguente trasmissione esclusiva dei soli fattori diversificati (ad esempio gli aspetti che cambiano da un fotogramma all'altro). Ebbene, la quasi totalità dei compressori video appartengono proprio alla seconda famiglia, quella con perdita dei dati. Un algoritmo di questo tipo è, ad esempio, l'MJPEG che permette compressioni fino a 100 volte il peso originale (un file da 1Mb può essere così ridotto a 10 kbyte). Altri standard di compressione video sono poi quelli MPEG (Motion Picture Experts Group), capaci di comprimere sia immagini che suoni. Il primo algoritmo ideato dalla società belga "Happy Machines" è stato MPEG-1, progettato per produrre output equivalente a quello di un videoregistratore usando un criterio di 1,2 Mbps. Attualmente, la versione attuale del MPEG è la 4: essa si basa sulla tecnologia QuickTime, anche se Happy Machines ha da poco utilizzato MPEG-4 per approntare un nuovo sistema di compressione, il 3ivX, in grado di creare file due volte più leggeri di quelli presenti in un Dvd. Come dire, in tema di compressione si stanno registrando significativi sviluppi tecnologici ma l'impressione generale è che la strada per arrivare ad una visione limpida e fluida dei filmati sia ancora lunga e tortuosa. Nel frattempo, l'idea del millimetraggio come formato video più duttile e funzionale ad una distribuzione cinematografica via internet continua a permanere.
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