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Indio vs. Fazandeiro: la guerra di Marco Bechis

Momenti di emozione alla conferenza stampa del film "La terra degli uomini rossi - Birdwatchers", presentato oggi in Concorso alla Mostra del cinema di Venezia.

Birdwatchers Venezia

01.09.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
Mato Grosso do Sul, Brasile. I Fazandeiro sono costretti a vivere in riserve un'esistenza ricca e annoiata. Possiedono campi di coltivazioni transgeniche che si perdono a vista d'occhio e trascorrono le serate in compagnia dei turisti venuti a guardare gli uccelli (da qui il titolo). Ai limiti di quelle terre, gli indio sono costretti a vivere nelle riserve. Senza altra prospettiva se non quella di andare a lavorare in condizioni di semi schiavitù nelle piantagioni di canna da zucchero, moltissimi giovani si suicidano. Questo è "La terra degli uomini rossi - Birdwatchers", pellicola in cui il regista Marco Bechis ("Garage Olimpo"; "Figli - Hijos") mette in scena la ribellione degli indio, decisi a reclamare la restituzione di quelle che una volta erano le loro terre.

Il film, presentato in concorso al Festival di Venezia, arriverà nelle nostre sale da domani, 2 settembre distribuito dalla 01 Distribution. Nel cast anche Claudio Santamaria e Chiara Caselli.

Nessuno di noi è qui per giudicarvi ma speriamo veramente che voi possiate capire la nostra posizione. Possiamo anche vestirci come voi ma non abbiamo più niente. Ci hanno tolto tutto e tutto quello che vorremmo indietro è la nostra terra per vivere con dignità. Attualmente viviamo in una piccolissima riserva nella quale ci è impossibile cacciare, recuperare acqua e quindi non è possibile vivere. Il film racconta solo la verità. E’ tutto vero quello che avete visto. Non è un documentario ma abbiamo solo rimesso in scena quello che sta accadendo da anni nel nostro Paese” - Così ha inizio la conferenza stampa di "Birdwatchers", con questo appello di una donna indio rivolto a noi bianchi.

Marco Bechis - Regista

Ci racconti l'origine di questo progetto...
"BirdWatchers" è un film raccontato dai sopravvissuti di uno dei più grandi genocidi della storia. Loro non sono desaparecidos, sono stati volutamente sterminati. Per questo motivo il mio film sta agli antipodi di "The Mission" o "Fitzcarraldo". In quei film, gli indio fanno da sfondo, non sono che comparse, rispetto a De Niro o Kinski. Nel mio la situazione è ribaltata: loro sono i protagonisti, gli attori professionisti bianchi hanno invece ruoli di contorno, come Claudio Santamaria che ha un ruolo quasi muto e rimane immobile in un camper per buona parte della storia.

Dunque spera di motivare l'opinione pubblica con questo film?
Questo è un film tragico, ma c'è posto per la speranza, perché è grande il mio desiderio che per questo popolo così fiero e orgoglioso possa arrivare un destino migliore. Gli indios hanno le idee molto più chiare di noi di come si sta su questa terra. Loro sono gli altri e noi in Italia siamo abituati ad avere paura dell’altro. Ma se non c’è uno scambio con gli altri non ci sarà più vita nemmeno per noi bianchi. Mi sono detto "Il mondo deve sapere perché questo popolo rivuole la sua terra". Non è solo un fattore di giustizia sociale di riprendersi la terra rubata... ma dobbiamo tenere presente che, per loro, la terra rappresenta loro stessi, il loro essere, la loro anima. Quindi avergliela tolta è avergli tolto tutto.

Ci racconti com'è stato girare sui veri luoghi di questa tragedia...
Mi servivano sei mesi di riprese, era importante per me anche prendermi tutto il tempo possibile. E non molti produttori sono disposti a farlo, così una parte di questo aspetto della realizzazione del film me la sono presa io come co-produttore. Ho cercato di insegnare agli indios loro il valore del silenzio, mostrando sequenze mute di film come "Gli Uccelli" o "C’era una volta il West", e da quel momento in poi, loro si sono rivelati attori naturali. Perché la recitazione fa parte della loro cultura, basta pensare ai riti sciamanici che mettono in scena, quando pregano è già teatro. La sceneggiatura si è dissolta durante le riprese, ogni notte ho riscritto le scene sulla base di quello che loro dicevano. Ho vissuto questo film come uno scambio di saperi...  spero che questa esperienza la viva anche il pubblico che lo vedrà.