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Il quarto Indiana Jones dieci anni dopo, cercate il film più deludente di Spielberg? Lo avete trovato

Il regno del teschio di cristallo usciva in Italia il 23 maggio 2008 e radeva al suolo ogni aspettativa. Che cosa è andato storto?

22.05.2018 - Autore: Pierpaolo Festa
Mai sottovalutare il nostro sistema immunitario. Sa sempre riconoscere pericoli in agguato, cercando fino alla fine di neutralizzarli. Un processo biologico che si è manifestato anche davanti alla visione di un disastro come Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo: dopo 122 minuti la parte immaginaria del cervello ha agito sulla parte sveglia, imponendosi nella maniera più assoluta. Troppo sarebbe stato il dolore di accettare che il primo Indiana Jones del nuovo millennio (il quarto della saga) era la più grande delusione dell'anno o, per dirla meglio, il film peggiore che Steven Spielberg abbia mai realizzato


 
Quella volta il meccanismo di difesa cerebrale ci ha rimbambiti al punto giusto, facendo in modo che andassimo in giro a dire che, sì, Indy era tornato. Ed era in gran forma. In effetti Harrison Ford, all'epoca sessantacinquenne, è l'unica cosa perfetta di questo brutto film: eccolo in forma smagliante, lui sì, mentre lo vediamo fare le sue acrobazie davanti la macchina da presa. A Spielberg basta un'inquadratura sull'ombra del suo archeologo per fare venire la pelle d'oca anche all'ultimo degli spettatori in fondo al loggione. L'inizio sulle note di Elvis Presley, la corsa verso l'Area 51, la prima frustata, l'easter egg con l'Arca dell'Alleanza che appare per un secondo. In quei primi dodici minuti è tutto perfetto. Poi arriva la scena del frigorifero nuclearizzato e Spielberg non solo perde il film, ma macchia il suo curriculum immacolato.
 
E' chiaro che Indiana Jones 4 è un progetto su commissione in cui tiranneggia la presenza del produttore George Lucas, vero "showrunner" del film tornato a compiere uno dei suoi peccati capitali: optare per la bulimia creativa che aveva già mostrato nel terribile Star Wars: La minaccia fantasma. Rimpinzare il più possibile la componente spettacolare, perfino a discapito dei personaggi, è proprio quello che accade nel Regno del teschio di cristallo: il produttore costringe il suo regista a seguire la pista degli alieni e lo intrappola in sequenze action assolutamente dozzinali. Come dimenticare la celebre scena delle formiche carnivore degna del peggior Steven Sommers di G.I. Joe e de La Mummia? "Negli ultimi anni ho fatto film per me stesso, questo film è per i fan. Questo film è per voi". Così Spielberg salutava i fan con un video girato sul set. Mentendo.
 
E' un peccato, dato che all'epoca chiudeva il suo periodo più oscuro fatto di grandi film come Minority Report, Prova a prendermi, Munich e anche La guerra dei mondi; il quarto Indiana Jones rappresenta un passo indietro verso le convenzioni di marketing hollywoodiane più becere che ha sempre tenuto lontane dal suo cinema di autore mainstream. Anche uno come Spielberg può fallire e forse potremmo tracciare una linea cronologica che chiude un periodo hollywoodiano: da una parte il fallimento di un autore al timone di un blockbuster da franchise e dall'altra l'ascesa del colosso Marvel e la globalizzazione del cinema mainstream seriale affidato per lo più a mestieranti che possono scordarsi il final cut.


 
A dieci anni di distanza riguardiamo il quarto Indiana Jones con tutti i suoi personaggi sacrificati o superficiali: la sceneggiatura di David Koepp è mediocre e butta via sia la cattiva interpretata da una Cate Blanchett che prova a salvare il salvabile, sia una Karen Allen che non ritorna mai veramente nei panni di Marion Ravenwood. Dieci anni dopo, il cervello torna a farci uno scherzo: non riusciamo infatti ad associare questo film alla saga di Indiana Jones. C'è la trilogia di Indy e poi c'è questo pasticcio apocrifo. E va benissimo continuare a pensarla in questo modo. 

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