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Il dubbio - La nostra recensione

Mistero della fede: Meryl Streep e Philip Seymour Hoffman in abiti talari per il film candidato a cinque premi Oscar e ambientato nella New York del 1965.

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28.01.2009 - Autore: Andrea D'Addio
Il tragico omicidio di John Kennedy, il Civil Right Act voluto da Lyndon Johnson, ennesimo tassello del troppo lungo percorso verso la fine delle discriminazioni su base razziale e sessuale, l’inizio della guerra in Vietnam: è l’inizio di una nuova epoca storica, un cambiamento che a posteriori definiamo epocale, ma che al tempo significò disorientamento, capovolgimento di valori e convenzioni sociali. Uno sfondo che si riflette anche nella Chiesa con il Concilio Vaticano Secondo. In un mondo che cerca punti fermi a cui appigliarsi, regole e certezze, anche il concetto di fede segue il contesto storico, combattuto tra intenti riformistici e testardo tradizionalismo. Un dualismo  che “Il dubbio” rappresenta attraverso due figure principali:  Sorella Aloysius (Meryl Streep), la severa preside della scuola St. Nicholas e il suo diretto superiore, ben più aperto alle novità, Padre Flynn (Philip Seymour Hoffman). Due personaggi a prima vista distanti, ma che il racconto dimostrerà essere legati dalla parola del titolo, quel “dubbio” che è tanto insito nella natura umana quanto distante da quel “credo” che si è soliti recitare a messa.

E’ proprio partendo da una sorta di elogio dell’indecisione, intesa come stato mentale che ci rende vicini a Dio, che si apre il film. E’ l’occasione per capire fin da subito come i due protagonisti si trovino su posizioni opposte: Padre Flynn citando Kennedy si avvicina alla gente, la preside Aloysius controlla che in Chiesa si stia composti. Il terreno dello scontro vero e proprio diventa però la presunta amicizia del reverendo con l’unico studente di colore della scuola. E’ questo il nodo centrale del film, l’espediente narrativo con cui i due protagonisti mettono a nudo sé stessi, il loro pensiero, ciò che sono pronti a sacrificare e ciò per cui sono pronti a lottare. Possibile definire con certezza dove sia la parte del giusto? La soluzione, l’equilibrio, forse è rappresentato dalla giovane sorella James (Amy Adams), ma la sua ingenuità non è anche quella pericolosa?

Portando sul grande schermo il testo teatrale con cui ha vinto nel 2005 sia il Pulitzer che il Tony Award, John Patrick Shanley ritorna alla regia cinematografica dopo quasi vent’anni ( il suo primo film, e unico fino a ieri, fu la commedia “Joe contro il Vulcano” con Tom Hanks e Meg Ryan), cercando di mettere il suo occhio quasi a completo servizio di attori e sceneggiatura. E’ limite piuttosto comune per adattamenti di copioni nati per il palcoscenico e Shanley non fa quasi nulla per evitarlo, se non l’utilizzo di inquadrature oblique per suggerire inquietudine, ed un paio di momenti onirico-simbolici incentrati sul vento portatore di foglie, piume, novità e pettegolezzi. Ciò non toglie che ci si trovi dinanzi ad uno splendido testo, un lavoro di scrittura egregio per completezza e complessità dei dialoghi, capace di rendere ogni faccia a faccia un condensato di ragionamenti sempre arguti e in evoluzione, mai statici e fermi sulle posizioni iniziali. Parole che vibrano e che non avrebbero avuto l’intensità che hanno se non fossero stati recitati da attori straordinari come la Streep, Hoffman e la giovane Adams (senza dimenticare la bella, seppur breve interpretazione di Viola Davis, giustamente candidata all’Oscar).

Da sottolineare oltretutto come sia difficile immaginare qualcun altro nel ruolo di Hoffman (nella trasposizione italiana del testo teatrale è interpretato da Stefano Accorsi): la sua fisicità già da sola ispira quel misto indecifrabile di bonarietà e perversione su cui “Il dubbio” basa buona parte della suspanse. Impossibile farne senza.

Vi ricordiamo che "Il dubbio" arriverà nelle sale da questo venerdì, 30 gennaio, distribuito dalla Walt Disney Pictures.

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