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I guerrieri della notte compie 40 anni, cinque ragioni per rivedere il cult di Walter Hill

Un cult epocale e iconico che racconta una New York scomparsa da molto tempo

I guerrieri della notte

31.01.2019 - Autore: Marco Triolo
Incastonato tra un disco dei Thin Lizzy e una fantasia distopica concepita dagli studenti di Saranno famosi, troviamo I guerrieri della notte, un cult assoluto degli anni '70. La firma è di Walter Hill, genio che ci ha regalato anche 48 Ore, Danko e la saga di Alien (da produttore). È il 1979 quando il film, ispirato a un romanzo di Sol Yurick pubblicato negli anni '60, arriva nelle sale. La critica non è pronta a riceverlo, lo stronca, non lo capisce. Persino il lungimirante Roger Ebert lo definisce implausibile, “un balletto di violenza maschile stilizzata” tra personaggi senza profondità.
 
Eppure qualcosa scattò nel pubblico di allora, qualcosa che trasformò il film in un successo nonostante le critiche negative, e spesso per le stesse ragioni. Se da un lato la stampa se la prendeva con la glorificazione romantica delle gang newyorkesi, dall'altro proprio questo elemento è, secondo Walter Hill, uno dei motivi per cui il film funzionò così bene: “Per la prima volta qualcuno aveva fatto un film all'interno di Hollywood, della grande distribuzione, che parlava della situazione delle gang senza presentarla come un problema sociale, ma presentando aspetti neutrali o positivi nelle vite dei membri”.
 
I guerrieri della notte festeggia 40 anni il 9 febbraio. Un traguardo importante per un'opera che ha segnato una generazione. Ecco cinque buone ragioni per rivederlo ancora oggi.

Un viaggio da antologia. Il viaggio è un tema ricorrente al cinema. Si può dire che ogni storia, e dunque ogni film, sia un viaggio metaforico di scoperta di sé. Ma ci sono film che quel viaggio lo raccontano non solo come metafora. I guerrieri della notte è uno dei migliori in questo senso: i protagonisti, membri della gang dei Guerrieri, attraversano New York dal Bronx, nord di Manhattan, a Coney Island, sud di Brooklyn. 48 chilometri di insidie: tutti li vogliono morti perché sono stati incolpati dell'uccisione di Cyrus, leader della gang più potente della città e promotore di una tregua dissoltasi con la sua morte.

 
Una New York che non c'è più. I guerrieri della notte è anche una testimonianza visiva, abbondante e completa, di una New York che ha cessato di esistere da molto tempo. Meglio così, nel senso che ora la città è molto sicura (e il famoso Bronx, per decenni sinonimo di quartiere pericoloso, è diventato una zona residenziale) mentre all'epoca Hill fu costretto a spostare alcune riprese perché nella zona era avvenuto un doppio omicidio. Ma di certo il fascino decadente della Grande Mela si è perso, e qui lo possiamo ritrovare nei dettagli. Un vero viaggio nel tempo.

 
Craig R. Baxley. Se siete fan del cinema d'azione di un tempo, questo nome vi dirà qualcosa. Baxley avrebbe diretto tre cult anni '80 come Action Jackson, Arma non convenzionale e Forza d'urto. A I guerrieri della notte lavorò come stunt coordinator: a lui si devono le scene d'azione. A lui si deve la scena della morte di Fox (Thomas G. Waites), ucciso dalla metropolitana su richiesta di Walter Hill, che non sopportava più l'attore. Baxley dovette arrangiarsi con quello che aveva, non potendo richiedere stuntmen da Hollywood per ragioni produttive. Così, nella scena dell'attentato a Cyrus, lui stesso fece da controfigura all'attore Roger Hill.

Le battute leggendarie. Citiamo in particolare “Warriors.. come out to play!”, improvvisata dall'attore David Patrick Kelly nel finale a Coney Island (e resa in italiano con uno spompatissimo “Guerrieri... giochiamo a fare la guerra?”. Guardatelo in inglese!). O anche il famoso tormentone di Cyrus, “Can you dig it?”, entrato nel gergo in America (da noi reso con “Sono stato chiaro?”). E dire che, all'uscita, I guerrieri della notte fu criticato anche per i dialoghi improbabili. Nessuno si accorse che, in quanto esagerazione distopica della realtà, il film cercava un tono iconico e impressionista che ha perfettamente centrato l'obbiettivo.

 
Il Director's Cut. Una ragione per rivedere The Warriors potrebbe anche essere quella di scoprire il Director's Cut di Walter Hill uscito nel 2005. Qui il regista ebbe modo di introdurre un elemento che, per ragioni di budget, aveva dovuto tralasciare in origine, ovvero le pagine di un fumetto che introducono i diversi capitoli del film, tanto per denunciarne ancora di più la natura pop e sopra le righe. Una curiosità che i fan più sfegatati vorranno togliersi. Per tutti gli altri: il montaggio originale resta il migliore.