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I 20 anni di Una storia vera, quando David Lynch girò un capolavoro con la Disney

Era il 1999 e il regista di Velluto blu e Twin Peaks realizzava il suo film per tutti. Il più toccante

15.10.2019 - Autore: Pierpaolo Festa
La scritta “Walt Disney Pictures presenta” è la prima cosa che appare sullo schermo. Sostituita subito dopo con “Un film di David Lynch”. Non sono nemmeno passati venti secondi da quando è iniziato, e Una storia vera regala già la prima grande emozione. L'unione di due mondi: la Disney, garante da sempre dei "film per tutta la famiglia", e un autore come Lynch che più di tutti ha oltrepassato la linea che separa sogno e realtà, luce e buio, gioie e paure, arrivando in profondità fino all’incubo.

Un allineamento di due mondi cinematografici distanti. Sembra folle ma è tutto vero: fu proprio la Disney a co-produrre e distribuire il film negli USA. Bastano dunque quei venti secondi per capire che Una storia vera è “un film di Lynch per tutti”. Non solo per tutta la famiglia, ma anche sulla famiglia. 
 
Sono passati vent’anni da quando Una storia vera è stato distribuito nei cinema: in USA uscì il 15 ottobre del 1999 dopo essere stato presentato a diversi festival, incluso quello di Cannes dove era in gara per la Palma d’Oro. Ancora oggi è uno dei primi tre capolavori di Lynch, un gradino sotto Mulholland Drive e uno sopra Velluto blu



Tra la fine degli anni Novanta e l'inizio dei duemila Lynch viveva il suo periodo cinematografico più prolifico e girava un film ogni due anni. Nel 1997 catturava le Strade perdute: sullo schermo un’autostrada veniva fuori dal buio pesto, illuminata dai fari di una macchina in corsa. Una soggettiva da brivido che il regista avrebbe ripreso anche nell'immenso Twin Peaks – Il ritorno. Nel caso di Una storia vera, però, Lynch sceglie la direzione opposta. Rallenta la corsa fino a cinque miglia all'ora. E gira soprattutto di giorno: la soggettiva della strada è ancora presente, ma illuminata dal sole e percorsa piano piano da un protagonista che la attraversa su un trattore tagliaerba.

Viene accompagnato dalle musiche di Angelo Badalamenti che come sempre provocano la pelle d’oca, per una volta non disturbanti ma solari. Brani come Laurens Walking eseguito da chitarra e violino che esaltano l’aspetto romantico della campagna e della provincia americana. 

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Una storia vera, come suggerisce lo stesso titolo, racconta la vera storia di Alvin Straight (da qui il titolo originale The Straight Story che gioca con il significato di "storia dritta", "lineare" ), un ottantenne che si mette su strada per 6 settimane su una distanza di 240 miglia (386 chilometri circa) percorsa sul suo trattore a 5 miglia all'ora (8 km/h). Un viaggio che Alvin sceglie di fare da solo: troppo vecchio per guidare un’auto, troppo povero per volare. L’ultima grande avventura di una vita, qualcosa di troppo importante per essere affrontato in compagnia di terzi. L’obiettivo finale è riconciliarsi con il fratello con cui non parla da dieci anni e che è stato appena colpito da ictus. 
 
Lynch coglie perfettamente la vecchiaia, il rischio che comporta una stupida caduta sul pavimento della cucina e la successiva difficoltà a rialzarsi. Le telefonate nel cuore della notte e la paura di perdere qualcuno di caro. La riflessione su ottant’anni passati in un batter d’occhio e l’essere prossimi alla fine. “La cosa più brutta della vecchiaia è ricordarti di quando eri giovane” - afferma Alvin in uno dei suoi dialoghi. In un altro svela gli incubi che lo hanno accompagnato per tutta la vita dopo aver combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, un qualcosa da cui si è difeso grazie all'alcol. E in un altro ancora parla dell’importanza dei legami familiari, affermando: “Rabbia, vanità. Metti tutto questo insieme all’alcol e avrai due fratelli che non si parlano da dieci anni. Qualsiasi cosa abbia fatto arrabbiare Lyle e me l’uno con l’altro, non importa più. Voglio fare pace”. 
 
All’epoca Lynch definì Una storia vera il suo “film più sperimentale”. Di certo non aveva ancora girato INLAND EMPIRE, ma si riferiva al modo insolito di girare il film in sequenza e attraverso la vera strada percorsa da Alvin Straight. Da Laurens nell'Iowa a Mount Zion, Wisconsin, i cosidetti "Red State" repubblicani, popolati da chi nel 2016 ha votato Trump. Persone catturate da Lynch con tenerezza, nel loro cercare di incarnare al massimo i valori americani. Anche a costo di nascondere i traumi personali della vita. È con loro che si rapporta Alvin Straight ed è con lui che questi personaggi si aprono profondamente, trovando rapidamente autenticità.

L’interpretazione di Richard Farsnworth, con gli occhi costantemente inumiditi e la pelle ormai ridotta a pochi millimetri sopra le ossa, toglie il fiato. L’attore morì suicida un anno dopo l’uscita del film. Aveva un cancro incurabile. Qualche mese prima, nel marzo del 2000, Farnsworth fu nominato all’Oscar, sconfitto però dal Kevin Spacey di American Beauty. Lo avrebbe meritato anche lui.  


 
In Twin Peaks - Il ritorno l’agente Cooper cammina sulle stelle, ormai arrivato in un regno ultraterreno in cui gli esseri umani si perdono, superano l’oscurità e hanno la possibilità di accedere alla dimensione migliore di loro stessi. Evolvendosi. Non è un caso che i personaggi di Una storia vera vogliono tornare a guardare le stelle. Esseri umani legati alla Terra e alle sofferenze che sognano di proiettarsi in un posto migliore. È proprio sulle stelle che si apre il film. Ed è sulle stelle che si chiude, una volta che i fratelli si ritrovano per guardare in alto, nel cielo, come facevano in gioventù. Anche loro finalmente pronti a evolvere. Insieme.

Nostalgia, poesia, lacrime. Un’iniezione di sentimenti in perfetto stile Disney. L’ago cinematografico di David Lynch però arriva in profondità, dritto al cuore. E, come sempre, non lo si dimentica mai più.