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Hunger - La nostra recensione

Michael Fassbender martirizza il proprio corpo nel primo film Steve McQueen

Hunger - Michael Fassbender

18.04.2012 - Autore: Marco Triolo
Dopo il successo di critica di “Shame”, che ha fruttato a Michael Fassbender il premio come migliore attore a Venezia 68, arriva finalmente nelle sale il pluripremiato “Hunger”, opera prima del regista londinese Steve McQueen (vincitore della Camera d'Or a Cannes).

Girato con uno stile minimalista, che predilige lunghi piani sequenza composti da un'unica inquadratura fissa e parecchie elissi narrative, “Hunger” racconta con crudo realismo il calvario personale di Bobby Sands (Fassbender), attivista dell'IRA che nel 1981 guidò i detenuti della prigione di Long Kesh in uno sciopero della fame per ottenere dal governo britannico lo status di prigionieri politici. McQueen indugia spesso e volentieri in particolari raccapriccianti, come le celle costantemente cosparse di feci – uno dei metodi utilizzati dagli attivisti, che rifiutavano anche di lavarsi – nonché piaghe, ferite, lividi, sangue.

Hunger recensione Michael Fassbender Steve McQueen - Stuart Graham è il secondino Raymond Lohan
Leggete la nostra intervista a Michael Fassbender

E d'altra parte, il corpo è sempre al centro della messa in scena di McQueen: un corpo umano straziato dalle botte, dalla fame, dalle infezioni, lacerato tanto quanto quello dell'Irlanda del Nord, divisa dalle lotte intestine tra cattolici e protestanti, ma anche tagliata in due da una frattura che ne dilania la storia. Il film si apre sul particolare della mani piene di lividi di Raymond Lohan (Stuart Graham, foto sopra), un secondino del carcere specializzato nelle pene corporali. Il regista lavora, come detto, di sottrazione, ci mostra solo questo individuo dall'esistenza banale mentre si alza, si veste, fa colazione e prende l'auto per andare al lavoro. Ma le sue mani, quei lividi sulle nocche, assumono un significato completamente nuovo quando accostate alle figure dei detenuti, i volti tumefatti, il corpo sanguinante.

Liam McMahon è il detenuto Gerry
Recuperate la nostra recensione di “Shame

McQueen sceglie coraggiosamente di introdurre il protagonista solo dopo venticinque minuti di film, nei quali si è concentrato su altri due detenuti, quasi a voler sottolineare quanto questa non sia solo la storia o la tragedia personale di Bobby Sands, ma di tanti altri ragazzi come lui. Però attenzione: il regista non li dipinge sotto una luce positiva, ma nemmeno negativa. Sceglie un'obbiettività, un rigore clinico che però risulta ancora più efficace nel calare lo spettatore nell'inferno del carcere, e nelle vite di queste persone disposte a tutto, anche a morire, pur di raggiungere un ideale.

Hunger recensione Michael Fassbender Steve McQueen - Michael Fassbender affronta Liam Cunningham

Fassbender è eccezionale nel ruolo di Sands, e si capisce facilemente come mai sia esploso dopo questo film. Nel suo sguardo c'è una fermezza lucida, il suo corpo è un fascio di nervi e la dieta con cui è dimagrito per filmare la parte conclusiva del film farebbe invidia al miglior Christian Bale. Sands diventa quasi un Cristo, ferito, avvolto in un lenzuolo e gracile come una piuma. Ma il piatto forte è un piano sequenza di diciassette minuti, in cui Sands parla con un prete (Liam Cunningham) e gli illustra il suo punto di vista, spiegando perché abbia deciso per lo sciopero della fame. La scena è girata con la macchina da presa fissa, e per gli attori è stata una bella sfida: Fassbender e Cunningham hanno addirittura vissuto insieme per un periodo, nel quale la provavano dalle dodici alle quindici volte al giorno. Il risultato è una sequenza ipnotica e fortissima, biglietto da visita eloquente di un grande film.

Hunger”, in uscita il 27 aprile, è distribuito in Italia da BIM. Per saperne di più, guardate il trailer.