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Gli anni '80 tra vecchi maestri e nuove leve

I comici-autori piegano la funzione della commedia al proprio egocentrismo, lasciandone cadere la portata sociale e i mestieranti non sono più quelli di una volta.

Verdone

21.12.2000 - Autore: Stefano Finesi
Almeno nella prima metà degli anni ottanta è possibile seguire la commedia allitaliana attraverso vari percorsi trasversali: i vecchi maestri (Risi, Monicelli, Scola, ma anche il Sordi regista) continuano indefessi a girare, collezionando risultati discontinui. La comicità pecoreccia delle infermiere e dei ripetenti raggiunge lapice (o il fondo, a vostra discrezione) lanciandosi in un canto del cigno come la saga di Pierino e finendo riassorbita dalla televisione commerciale. Si verificano gli exploit isolati dei \'Celentano movies\', che sbancano il botteghino, ma il fenomeno più consistente è la nascita di una nuova leva di comici, destinata a unegemonia tuttora esistente, che incrina i meccanismi produttivi consueti della commedia. Occhio alle date: all80 risale lesordio cinematografico di Carlo Verdone (Un sacco bello), all81 quello di Troisi (Ricomincio da tre), all82 quello di Nuti e Benvenuti con i Giancattivi (Ad ovest di Paperino), all83 quello di Benigni regista (Tu mi turbi). La derivazione è sempre cabarettistico-televisiva e, al di là delle (vistose) differenze di poetica, comune è la pratica dei nuovi comici di scrivere, dirigere e interpretare: se nel cinema classico, molto più strutturato, la figura del regista, dello sceneggiatore e dellattore si prestavano a intersezioni solo occasionali, nella commedia degli anni ottanta, il comico fa tutto da sé, costa meno e guadagna bene al botteghino. Abbassandosi il livello di professionalità, il linguaggio perde in compattezza rispetto ai canoni di un tempo, vista anche linfluenza della linea narrativa televisiva, fatta di sketch, di frammenti e non di una visione di ampio respiro. Se poi la commedia allitaliana classica ha il gusto del tipo sociale, del mordace ritratto di costume, Verdone tra questi autori ne è forse lunico vero erede e non è un caso la sua collaborazione con Alberto Sordi, con cui divide il set in Troppo forte e in Viaggio con papà, diretto dallo stesso Sordi. Meno rivolta allesterno e più personale è invece la poetica stralunata di Nuti e Benigni, come quella intimista e malinconica di Troisi: in gioco nei vari film è comunque un personaggio fisso che nulla ha del trasformismo dei mostri del tempo che fu. Viene allora da pensare che, a continuare la tradizione classica vera e propria, anche se a un livello più basso, sia piuttosto un regista come Carlo Vanzina, lontano dalle aspirazioni della one man comedy e più vicino agli artigiani di una volta, al loro mestiere e alle aspirazioni satiriche. Al filone vacanziero (Sapore di mare, 1983; Vacanze di Natale, 1984) si affiancano titoli in cui è più evidente lambizione di un ritratto sociale (Yuppies-I giovani di successo, 1986; Le finte bionde, 1989), anche se, ripetiamo, in una prospettiva molto lontana sia dalla profondità di visione, sociale e cinematografica, di un Risi o di un Monicelli, sia dalle capacità espressive dei vari comici solisti di cui dicevamo. Accompagnano i fratelli Vanzina sulla strada di questa comicità di mestiere registi come Sergio Corbucci, Neri Parenti o la coppia Castellano e Pipolo, oltre naturalmente agli attori, quei comici come Abatantuono, Pozzetto, Villaggio, De Sica, completamente al servizio dei loro registi anche se, per questo, spesso impiegati male in pellicole grossolane. La grande tradizione della commedia allitaliana si trova così ad un bivio: i comici-autori che ne piegano la funzione al proprio egocentrismo, lasciandone cadere la portata sociale; i mestieranti il cui livello di professionismo è però drammaticamente abbassato rispetto al passato. Il divario, invece di scomparire, continuerà ad accentuarsi negli anni novanta.  
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