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Festival: Si può fare è il titolo più interessante

Il regista Giulio Manfredonia ci racconta la sua nuova pellicola, incentrata sulla malattia mentale con uno straordinario Claudio Bisio, capace di tirare fuori il meglio da chi non è considerato da nessuno. Dal 31 ottobre nei cinema.

Si può fare Roma

30.10.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
Nello (Claudio Bisio) è un sindacalista, appena licenziato. Siamo negli anni della difesa del posto fisso ad oltranza e invece lui crede nella mobilità del lavoro, nella possibilità di trovare nel mercato anche uno sprone per fare cose interessanti. Viene, invece, mandato a dirigere una cooperativa di ex degenti psichiatrici. Una cooperativa basagliana, il metodo attuato in quegli anni. Lui non sa nulla di malattia mentale e questo lo aiuta a vedere in queste persone non tanto dei malati ma degli esseri umani con delle potenzialità. Capacità che magari sono nascoste e da individuare… ma che esistono. Questo è l’incipit di “Si può fare”, potente commedia italiana e  risultato di un duro lavoro di squadra. La pellicola, la terza di Giulio Manfredonia, è stata presentata Fuori Concorso al Festival del Film di Roma, nella sezione Anteprima. Abbiamo incontrato in esclusiva il regista:

Manfredonia, la diversità è al centro del suo film. È ambientato negli anni ottanta, ma si tratta comunque di tema più attuale che mai, dal momento che viviamo nella paura dell’altro…
In effetti è proprio questo. “Si può fare” è un film che racconta la diversità come valore, come potenziale quando uno è capace di vederla, di riconoscerla. Il nostro sindacalista ha un grande talento per tirare fuori il meglio dalle persone e in qualche maniera riesce a motivarli e a farli agire. Anche perché questi individui sanno fare cose che altri non sanno fare quindi riesce a creare un vero e proprio team di lavoro.
 
Si dice che lei abbia lavorato per due anni a questo film: come ha preparato Claudio Bisio? Cosa avete studiato insieme?
In realtà ci ho lavorato per quattro anni. E con Claudio non ho lavorato molto, proprio perché è l'attore che aveva già in sé tutte le caratteristiche che il personaggio richiedeva. Aveva questa carica, l’entusiasmo che il personaggio porta all'interno di questo luogo non certo allegro. I nostri protagonisti sono persone malate, spente, che il suo personaggio riaccende grazie al suo entusiasmo e con la sua utopia che è più forte di qualsiasi difficoltà. Nello stesso tempo è un vero talent scout e sappiamo bene che Bisio ha queste caratteristiche.
 
Come ha lavorato col resto del cast?
Il lavoro col cast è stato quello più importante. Ci siamo preparati soprattutto sugli undici interpreti che fanno i malati mentali. Interpretare un pazzo, credibile, non è una cosa semplice. Quindi ci siamo documentati tantissimo in fase di sceneggiatura, per capire che cosa volevamo fare, e come volevamo rappresentare questi personaggi. Abbiamo lavorato per due anni sul cast per trovare una strada per renderli veri. E quindi abbiamo fatto una lunga selezione, perché io li volevo tutti sconosciuti. Li abbiamo cercati nei teatri o negli anfratti della televisione - visti in piccole parti che a noi però sono sembrate significative - e alla fine, una volta trovati, abbiamo fatto moltissime prove. Sono state svolte molte ricerche soprattutto all'interno degli Istituti di Igiene Mentale e al Museo di Santa Maria della Pietà che è un museo dedicato alla storia dei manicomi.

Lei ha precedentemente diretto anche dei documentari. Ha attuato un approccio documentaristico anche per questo film?

 Sì. E vi dirò di più: avremmo anche moltissimo materiale per farci un documentario sulla preparazione a questo film. E probabilmente lo farò. Ho molto girato sulla preparazione del cast e sarebbe molto interessante farlo vedere perché è un modo talmente diverso e particolare di preparare gli attori che è sicuramente coinvolgente. Però ci tengo a dire che “Si può fare” non è assolutamente un documentario. E' un film di narrazione, dove la scrittura è molto importante, dove gli attori hanno fatto un enorme lavoro per restituire la verità ma come succede nel cinema di fiction. Non c'è un approccio documentaristico anche se la voglia di raccontare la realtà.
 
Il titolo viene da una citazione di Franco Basaglia?
Non esattamente: esiste una sua citazione anche se poi in realtà non è proprio esatto metterla in questo modo. Il titolo nasce con il film. Il soggetto del film, che è di Fabio Bonifacci, si chiamava già Si può fare perché da una parte è un film sul fare - non è un film su una utopia teorica ma su una utopia fatta - quindi è un film sulla visione, non sul pensiero puro. Dall'altra parte è la formula con la quale il protagonista libera i matti dalle loro paure dato che a qualsiasi proposta che loro avanzano - anche le più assurde - il personaggio di Claudio risponde sempre 'si può fare'. E questo dà al personaggio una grande fiducia. Poi nello studiare un po' Basaglia ci siamo accorti che questo slogan c'era effettivamente nel suo pensiero. In particolare c'è una sua frase famosa: 'Noi non possiamo vincere possiamo solo convincere. E il modo di convincere che abbiamo deciso di attuare è quello di fare vedere quello che si può fare'. In questo senso il titolo è una citazione basagliana fondamentale ma involontaria.
 
Qualche anno fa lei esordì con “Se fossi in te”, una notevole commedia fantastica, interpretata dai bravissimi Solfrizzi, De Luigi e Dix. Che ricordi ha di quel film?
Quello è stato il mio primo film e quindi per me è come un pupo. E' un film in cui ho creduto moltissimo, credo avesse dentro degli elementi nuovi per la commedia italiana. Come primo motivo direi perché era un film di grande narrazione, aveva una struttura narrativa molto articolata, molto ben costruita da Valentina Capecci e quando hai questo, hai una gran base. Credo che ci sia una parentela tra Si può fare e Se fossi in te perché lo sguardo è quello della commedia ma la trattazione è riguarda la realtà. La realtà delle persone, dei loro sentimenti, delle loro voglie, dei loro desideri.


Vi ricordiamo che la Warner Bros. distribuirà “Si può fare” nelle sale, a partire da domani, 31 ottobre.