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"Estate romana" tra sogni e realtà
Un'odissea metropolitana fatta di atmosfere, visioni, personaggi incredibilmente realistici ed una grande protagonista

01.12.2000 - Autore: Filippo Golia
Arrivata in una Roma impacchettata per i lavori del Giubileo, Rossella (Rossella Or) cerca di riallacciare i rapporti con il mondo di attori e registi del suo passato. Da questi riceve prevalentemente rifiuti scorbutici e accoglienze nervose. Isolata in una incapacità di comunicare quasi totale la donna va a vivere da un suo inquilino, Salvatore (Salvatore Sansone), un carpentiere che allestisce scenografie teatrali e ama platonicamente la sua assistente Monica.
Se da una parte Rossella vive isolata dal mondo, sogna e osserva gli altri in silenzio, dall’altra il microcosmo in cui è finita a vivere è altrettanto chiuso in se stesso e nelle proprie nevrosi.
Il commento
Il soggetto di \"Estate romana\" proviene da due idee molto distanti tra loro che a un certo punto hanno iniziato a convergere per poi intrecciarsi in un\'unica storia: da una parte c\'era il racconto di Herman Melville \"Bartleby lo scrivano\", in cui l\'impiegato di uno studio legale della Wall street dell\'800 si nega a qualunque rapporto umano e rifiuta di obbedire agli ordini del proprio capo; dall\'altro lato c\'era la voglia di raccontare la storia del teatro romano d\'avanguardia, quello delle \'cantine\' tra gli anni 70 e 80. L\'anello magico che ha unito le due vicende è stata Rossella Or, donna dal volto singolare, non bello, umano e sofferente. Un Bartleby perfetto, secondo il regista Matteo Garrone. Ma anche una protagonista, anni addietro, della stagione delle \'cantine\' romane.
Il regista del film ha detto che le sue prime opere assomigliavano più a dei documentari, e che questa volta ha voluto mettersi alla prova con una trama più strutturata. L\'impostazione del documentarista rimane, con una certa tendenza a indugiare sui particolari e le nevrosi della realtà romana più degradata. Tutto ciò appesantisce il film. Ma la metafora dell\'essere umano che scompare dal mondo e insieme, come un buco nero, si porta dietro tutto il mondo, tutti i sentimenti, perfino la città - resa muta da cantieri e impalcature - è una metafora bellissima e ben portata sullo schermo.
In sintesi
Solo per chi ha lo stomaco di guardare realtà degradate e ascoltare storie tristi.
Il giudizio
Un\'anima sognante, nelle periferie romane