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Ed Wood 25 anni dopo: come Tim Burton ci ha fatto amare il peggior regista di sempre

Il 28 settembre 1994 usciva in USA il biopic interpretato da Johnny Depp. Un film profetico che ha anticipato i gusti delle generazioni successive

Ed Wood

23.09.2019 - Autore: Marco Triolo
C'è una scena, nel terzo atto di Ed Wood, che dice tutto sulla concezione del cinema di Tim Burton. È la scena in cui Edward D. Wood Jr. (Johnny Depp) incontra per caso in un bar Orson Welles (Vincent D'Onofrio), e i due chiacchierano insieme del mestiere di regista, scoprendo di pensarla allo stesso modo su molte cose e di avere gli stessi problemi con i produttori e sul set. L'altissimo e il bassissimo, accostati per scoprirne non le incolmabili differenze, ma ciò che li rende identici. Il cinema, ci dice Tim Burton, è cinema. Non esiste serie A, serie B, serie Z. Quelle sono categorie applicate a posteriori: il mestiere è uno solo e, per tutti, fare cinema è una corsa a ostacoli contro il tempo e il budget.

 
Un discorso del genere non poteva che farlo un autore che, da sempre, accosta alto e basso, aspirazioni autoriali e cultura popolare, in un mix che ne ha determinato l'originalità della voce e il successo. Ma è anche un discorso all'avanguardia per essere stato fatto negli anni '90. Soprattutto se consideriamo che in Italia lo dobbiamo ancora accettare del tutto.
 
Oggi i biopic sono all'ordine del giorno. Si può addirittura dire che siano diventati in assoluto il filone di punta di una Hollywood che ha sempre più paura di produrre contenuti originali al di fuori dei grandi franchise, e dunque cerca storie che, per quanto non di supereroi, almeno parlino di figure note. Venticinque anni fa, quando Ed Wood uscì nelle sale, non era così. Un biopic non era sempre un prodotto studiato a tavolino per il successo, decisamente non lo fu nel caso del film di Tim Burton, che raccontava le disavventure produttive del “peggior regista di sempre”.

 
Edward D. Wood Jr. è diventato famoso proprio con questo appellativo, avendo realizzato film come Glen or Glenda e l'arcinoto Plan 9 From Outer Space che, effettivamente, visti ora non possono che fornire un argomento di ferro per la suddetta tesi. Sono strapieni di errori di continuità, dialoghi senza senso, incongruenze nel plot, effetti visivi ridicoli e recitazione amatoriale. Wood adottava una politica di “buona la prima”, non girava mai più di un ciak per scena. Ma in realtà non è nemmeno questo il problema: con pochissimi mezzi e tempi ristretti, uno come Roger Corman ha sfornato capolavori. Wood era semplicemente uno con poco talento.
 
Ma l'assenza di talento era compensata da un entusiasmo per il suo lavoro che aveva conquistato Burton ancora prima che aderisse al progetto. Il regista fu colpito da come Wood “scriveva dei suoi film come se stesse facendo Quarto potere”, tanto per tornare a Welles. “Non ho mai visto niente come [quei film]. Quel tipo di pessima poesia e ridondanza: diceva in cinque frasi quello che una persona normale direbbe in una. Eppure c'era una sincerità davvero inusuale in essi, e questo l'ho sempre trovato toccante, in qualche modo. Dona loro un feeling surreale, assurdamente sincero”.

 
Ed Wood, il film, nasce dalla volontà degli sceneggiatori Scott Alexander e Larry Karaszewski, che avrebbero voluto raccontare l'incredibile storia del regista in un documentario intitolato The Man in the Angora Sweater, salvo poi optare per la stesura di un biopic. Il progetto passò per le mani del regista di Schegge di follia, Michael Lehmann, e poi giunse a Burton. Il regista iniziò a leggere la biografia Nightmare of Ecstasy: The Life and Art of Edward D. Wood Jr., scritta da Rudolph Grey, e alcune lettere di Wood. Dopo aver letto la sceneggiatura di Alexander e Karaszewski, 147 pagine di lunghezza, decise di dirigerla senza apportare alcuna modifica.
 
Una grossa decisione la prese però in termini di look: il film sarebbe stato in bianco e nero. Questo spinse Columbia a mettere in stallo il progetto, ma Burton non cambiò idea e propose il film alla Disney, che accettò il rischio perché costava solamente 18 milioni di dollari. Purtroppo, nonostante il budget ridotto, Ed Wood fu ugualmente un flop al botteghino.

 
Ma in effetti sarebbe inimmaginabile a colori. Burton combina forma e soggetto per creare qualcosa che va al di là del banale e freddo biopic. Ed Wood è un film sul cinema, prima di tutto. È un film sull'accettazione della (propria) diversità: notoriamente, Wood amava vestirsi da donna, e il suo lato più eccentrico e originale è parte integrante del tessuto del film. Ma Ed Wood è anche un film su Tim Burton. Nel rapporto di amicizia che si instaura tra Wood e Bela Lugosi (un Martin Landau premiato con l'Oscar) il regista ci vide riflesso il suo con Vincent Price, idolo di gioventù con cui ebbe la fortuna di lavorare.
 
Burton getta allegramente la verosimiglianza fuori dalla finestra. Parecchi sono gli “errori” inclusi nel film: i ritratti di Bela Lugosi e Dolores Fuller, la ragazza di Ed interpretata da Sarah Jessica Parker, hanno scatenato le critiche dei diretti interessati (ovvero Fuller e il figlio di Bela Lugosi). Alcuni episodi storici sono stati rimaneggiati per scopi drammatici, altri (l'incontro con Orson Welles) sono pure invenzioni. “Non è un biopic completamente realistico”, ha ammesso Tim Burton. “Nel fare un biopic è importante entrare nello spirito di una persona. Parte del film tenta di vedere le cose dal punto di vista di Ed. Per questo è dotato di un ottimismo a volte eccessivo”.

 
La volontà di Tim Burton, insomma, è quella di raccontare la gioia di fare film, l'entusiasmo derivato dal fare quel lavoro. Poco importa che Ed Wood soffrisse di depressione. Poco importa che la sua vita si sia conclusa, nel 1978, con un attacco cardiaco dovuto al suo alcolismo. Il film si conclude con la fine delle riprese di Plan 9 e la fuga a Las Vegas di Ed e Kathy O'Hara (Patricia Arquette), decisi a sposarsi. Un lieto fine perfetto, l'apice di una presa di coscienza creativa. Per un uomo che ha dedicato la vita all'arte, l'arte è vita. E tanto basta.
 
Oggi è normale celebrare i perdenti. Il trash è diventato un passatempo di massa. Ci si trova per vedere film brutti in compagnia e riderne. Ma venticinque anni fa non era così, e l'arrivo di Ed Wood fu per molti un fulmine a ciel sereno, l'inizio di un percorso di scoperta di un cinema in buona parte segreto, sepolto nelle proiezioni televisive notturne. In questo senso, Tim Burton non può che essere fiero di Ed Wood, perché ha ispirato, come spesso i biopic si propongono di fare, una generazione a riscoprire i lavori del suo protagonista. Non solo: ha anticipato uno shift globale nella critica che, cavalcando anche i deliri post-moderni di Tarantino, ha portato alla rivalutazione del cinema popolare e a una concezione più democratica del “bello” cinematografico.

 
Ma i suoi meriti vanno oltre a questo: Ed Wood è un film di rara sensibilità, capace di raccontare la storia di un uomo di grande cuore ma poco talento senza riderne, senza farne uno zimbello, ma, al contrario, cercando di capirlo e di identificarsi in lui. Per questo ci è rimasto nel cuore.
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