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Di Caprio & Scorsese

Abbiamo incontrato Leonardo Di Caprio, Martin Scorsese e Cate Blanchett, che nel film interpreta Katharine Hepburn, a Roma per presentare il nuovo Kolossal "The aviator".

The aviator

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Cosa l’ha attratta di un personaggio come Howard Hughes? MS – Prima di tutto la bella sceneggiatura di John Logan; descriveva una persona di talento ed indole straordinarie, ma anche un uomo votato all’autodistruzione. La sua eccentricità e poi la sua reclusione tratteggiano una figura di enorme fascino.   Quali sono state le riprese più difficili? MS – Senza dubbio quelle aeree. Abbiamo adoperato ogni tipo di effetto speciale conosciuto, dai modellini al “green screen” all’uso della computer graphic, per un totale di circa 240 inquadrature.   Come si è confrontata con un personaggio leggendario come Katherine Hepburn? CB – L’idea di rifare al cinema Katherine Hepburn all’inizio mi ha terrorizzata: ma quando Martin Scorsese chiama tu non puoi non rispondere, e devi essere all’altezza! Mi ha fatto vedere molti film della Hepburn sul grande schermo, e questo mi ha consentito di avvantaggiarmi con un grosso lavoro di preparazione tecnica. Quando però sono arrivata sul set, e mi sono dovuta confrontare praticamente con il personaggio, la tecnica è servita soltanto come supporto per l’emozionalità. Spero sinceramente di aver reso omaggio a quella donna ed attrice straordinaria.     Dunque, di quale lato dell’american dream Hughes è la faccia? Il sogno o la disperazione? MS – Lo stile di vita ed il sogno americani sono sicuramente una lama a doppio taglio. Ci spingono a prendere e volere sempre di più, fino a raggiungere un’overdose. Questa è la società americana. Nei grandi pionieri questo processo era portato al limite estremo, per cui alla genialità si accompagnava sempre un po’ di stramberia. In fondo, questo racconta “The Aviator”; la struttura è molto simile ad un altro mio film, “Quei bravi ragazzi”: nella prima parte si assiste all’ascesa del protagonista, mentre nella seconda viene pagato il prezzo per la realizzazione dei propri sogni… Che cosa c’era nella Hollywood dei tempi di Hughes di migliore rispetta quella di oggi? LDC – Il film racconta un periodo ben preciso, quello che va dal 1927 al 1947. Anche se ormai ben delineata a livello industriale, quella era in fondo ancora la Hollywood dei grandi pionieri del cinema. Penso a maestri, inventori di stile come Fritz Lang o D.W.Griffith. A modo suo anche Hughes era un pioniere, una sorta di produttore che andava contro le regole imposte dall’establishment: “Hell’s Angels” è stato uno sforzo produttivo titanico, inusitato per quei tempi. “Scarface” è stato il film più violento della sua epoca, e “Il mio corpo ti scalderà” affrontava tematiche sessuali in maniera esplicita. CB- Anche la Hepburn a modo suo era un’attrice che andava contro le regole, almeno quelle imposte dallo “Star system”: conoscevo i suoi grandi successi d’attrice, ma ad esempio non sapevo che ad inizio carriera era considerata un “veleno al botteghino”, e che non ha avuto assolutamente vita facile a causa dei fallimenti economici dei suoi film; in più, credo che la Hepburn abbia imposto uno stilema di attrice e di donna consapevole, intelligente, decisa. Una femminista ante litteram, tanto per intenderci…   Il personaggio di Hughes, con la sua psicologia complessa e disturbata, ha rappresentato un grosso problema per lei? LDC No. Mi sono preparato con l’aiuto di un professore dell’U.C.L.A., uno dei maggiori esperti in materia di comportamenti ossessivi e compulsavi. Ho passato alcuni giorni in compagnia di persone affette d tali disturbi. Alla fine, il punto su cui ho focalizzato maggiormente la mia attenzione è stato l’ossessione per le cose, il desiderio sconfinato di possedere o realizzare. Un processo che ha dell’inesorabile.   Dopo “The Aviator”sente il bisogno di imparare a pilotare aerei? LDC – Assolutamente no. Durante le riprese volevo salire su quei meravigliosi apparecchi d’epoca per un giro: la mia compagnia d’assicurazione me lo ha impedito categoricamente. Non ho fatto storie.   L’isola dove ha girato “The beach”adesso è distrutta. Cosa prova? LDC – E’ una cosa devastante. Ho passato 4 mesi in Thailandia, in mezzo a gente fantastica, in luoghi meravigliosi. Ho incaricato persone a me fidate di sostenere quella gente con ogni mezzo possibile… offscreen.it