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Dark Water

Questo primo lungometraggio "americano" dell'autore di "Central Do Brasil" vuole essere in tutto e per tutto un melodramma. Con Jennifer Connelly e Tim Roth

dark water

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
DARK WATER Id., Usa, 2005.  
Regia di Walter Salles;
con Jennifer Connelly, Dougray Scott, John C. Reilly, Pete Postlethwaite, Tim Roth.  

La giovane Dahlia (Jennifer Connelly) non sta decisamente passando un buon periodo. La separazione burrascosa dal marito Kyle (Dougray Scott) e la battaglia legale per l’affidamento della piccola Cecilia (Ariel Gade) l’hanno costretta a delle scelte repentine: prima tra tutte, quella di trovarsi immediatamente una casa dove vivere con sua figlia. Alla fine la scelta ricade su un economico ma scalcinato appartamento nel cuore di Roosevelt Island, un quartiere povero di New York al di la del fiume.

Quando le cose sembrano iniziare a sistemarsi, e Dahlia ha addirittura trovato un buon lavoro vicino casa, si manifesta un piccolissimo problema con Ceci. La bambina inizia a parlare con una bambina immaginaria, che prima diventa sua amica, poi comincia a manifestare un carattere sempre più irascibile. Anche la casa poi da i suoi problemi: il soffitto è costantemente rovinato da lugubri infiltrazioni d’acqua, che continuano a manifestarsi nonostante i numerosi interventi di Dahlia…

Il più grosso fraintendimento che ha probabilmente causato il modesto successo economico di “Dark Water” in America è dovuto al fatto che il film di Walter Salles non è assolutamente un horror. Sia ben chiaro, la cornice e la storia – remake dell’omonimo film di Hideo Nakata – sono quelle irrinunciabili del genere, ma vengono adoperate come pura cornice esterna.

In realtà questo primo lungometraggio “americano” dell’autore di “Central Do Brasil” (id., 1998) vuole essere in tutto e per tutto un melodramma, e sotto questo punto di vista centra in pieno il suo obiettivo. Il regista ha infatti costruito un’opera affascinante e assolutamente coerente nella concezione della sua messa in scena: il lavoro sulle ambientazioni e sulle scenografie, splendidamente fotografate poi dalla luce livida ed elegante di Affonso Beato, rappresentano pienamente l’universo desolato in cui l’autore ha voluto immergere tutti i personaggi del film.

La sceneggiatura scritta dal bravo Rafael Yglesias costruisce una vicenda che più che nel suo sviluppo è molto precisa nel raccontare le piccole situazioni che delineano il carattere dei personaggi: ed ecco così che ci troviamo di fronte ad un dramma che parla della lotta di una madre per sua figlia, di una donna che combatte contro i fantasmi del suo passato più che contro quelli effettivi.

Oltre che alla precisa impostazione estetica della pellicola, “Dark Water” deve questa sua particolare riuscita all’aderenza fisica di Jennifer Connelly al proprio ruolo: l’attrice sembra essersi specializzata in questo tipo di figure al limite della disperazione, e riesce a dare il meglio delle proprie capacità interpretative. A farle da contorno poi un validissimo gruppo di caratteristi, tra cui spicca un Tim Roth straordinario nell’impersonare un avvocato timido e gentile, una caratterizzazione finora sconosciuta all’attore ma assolutamente godibile.  



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