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Da Topolino a Despereaux: 80anni di topi al cinema

Chi avrebbe mai detto che l'animale più lontano dalle preferenze dei cittadini sarebbe diventato negli anni il più apprezzato per il pubblico giovanissimo? Eppure è così e i tanti film sul roditore lo dimostrano.

Le avventure del topino Despereaux 3

21.04.2009 - Autore: Andrea D'Addio
Non è vero quel proverbio che afferma: “Per ogni gatto che ride c'è almeno un topo che prega”. Non al cinema almeno, sennò non si spiegherebbero i tanti topi, topini e ratti che da anni, e sempre con maggiore frequenza, popolano ottimisticamente il grande e il piccolo schermo. Nessun topo è stato mai mangiato, anzi il più delle volte è il gatto o il cacciatore di turno a finire male. Altro che Will E. Coyote e Road Runner: i topi non li prendi mai. L’ultimo erede di Mickey Mouse (che esordì al cinema nel 1928), e cioè del padre non solo di tutti gli animali cinematografici, ma dell’animazione stessa, è Despereaux, protagonista dell’eponimo film di prossima uscita “Le avventure del topino Despereaux” (Universal, dal 24 aprile nei cinema).



Frutto della fantasia della scrittrice Kate Di Camillo, che nel 2003 scalò le classifiche americane dei libri più venduti, “Despereaux” si differenzia sensibilmente dalle vite dei tanti suoi celebri avi roditori. Vive infatti un’avventura fantasy, completamente ambientata in un alto palazzo reale dove ogni piano rappresenta metaforicamente uno stato di conoscenza, un mondo da superare. Alla favola così si accompagna una riflessione quasi filosofica, un gioco in cui ogni personaggio vive profondamente il proprio rapporto con l’ambiente e attraverso questo si identifica. Come “Ratatouille” ancora una volta un topo diventa simbolo di coraggio: sarà per il suo essere piccolo (e quindi facilmente percepibile come facile vittima), sarà per la facilità degli animatori nell’antropomorfizzarlo, sarà perché ormai è tradizione, ma non c’è spettatore che non si sia mai identificato con un topo guardando la sua intraprendenza e determinazione nel superare i propri limiti.



Noi italiani avremo pure i nostri Topo Gigio e Geronimo Stilton, ma non c’è dubbio che il primato iconografico del topo sia americano. Se già il passato ci aveva regalato personaggi come Topolino, Minnie, Speedy Gonzales, il Tom di “Tom e Jerry”, Bianca e Bernie e il fido Timothy amico di “Dumbo” (e tanti altri), dal 1986 e cioè dall’anno del primo dei tre episodi di Fievel (“Fievel sbarca in America”) in qualsiasi scuola per animatori è diventato un must il disegno di un topo. Non c’è più nessun timore di rielaborare a modo proprio un animale già famoso sotto tante vesti, nessun paura del confronto (anzi Steven Spielberg, che produsse Fievel, scelse un protagonista “topo” proprio per dimostrare alla Disney di volerle contrastare all’allora monopolio nel genere).



Nel 1997 Gore Verbinski (poi regista della saga di “I Pirati dei Caraibi”) diresse “Un topolino sotto sfratto”, simpatica commedia con Nathan Lane che segnò l’esordio come protagonista di un topo in un film live action. Poco dopo, siamo al 1999, M.Night Shyamalan (che proprio in quei mesi si stava godendo il successo di “Il sesto senso” ), firmò in veste di sceneggiatore il primo episodio di “Stuart Little, un topolino in gamba” (regia di Rob Minkoff). Seguirono altri due capitoli, non altrettanto avvincenti, ma comunque apprezzati (almeno in termini di incassi), “Stuart Little 2” e “Stuart Little 3, un topolino nella foresta”. Anche allora la fonte proveniva da un libro, quello omonimo di E.B. White scritto nel lontano 1945.



Originali invece le ispirazioni del capolavoro della Disney/Pixar, “Ratatouille” (premio Oscar 2008) e del non troppo fortunato “Giù per il tubo” (2006) dagli autori di “Wallace and Gromit" (gli incassi non eccezionali frenarono la partnership tra lo studio di animatori inglesi, la Aardman e la Dreamworks di Jeffrey Katzenberg). Casi opposti in termini di box office, ma comunque accumunati dalla volontà di smitizzare quel luogo comune metropolitano che vuole il topo simbolo di sporcizia e degrado. Certo, dopo film del genere non ci si aspetta che i genitori acconsentano all’adozione domestica di un topo (a meno che non sia di campagna e che sia una campagna molto pulita), ma chissà che un giorno Topolino & Company non diventino la bandiera di un movimento anti utilizzo dei topi come cavie di laboratorio.



Per saperne di più
Le avventure del topino Desperaux – Il trailer