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Da Ingmar Bergman ad Alan Parker

...il diavolo e' sempre dietro di voi...

Esorcista

14.04.2003 - Autore: Sebastiano Lucci
Quando allinizio degli anni sessanta, uno dei grandi maestri, Ingmar Bergman, raccoglie leredità ricevuta e affronta direttamente il tema lo fa con la solita accuratezza e sensibilità. \"Locchio del diavolo\" (Djavulens Oga, 1961) è, infatti, permeato dalla ricchezza poetica e dallattenta composizione artistica del regista scandinavo. Ma è questo un film ancorato ad una sensibilità e ad una accortezza che non sono più di moda. E unopera curata, legata ad un mondo in via di estinzione. Con lavvento degli anni sessanta e le conseguenti trasformazioni che si protrarranno fino alla fine degli anni settanta assistiamo alla nota rivoluzione culturale. Non sono solo le tematiche ad essere affrontate in maniera esplicita, senza più il velo di censure morali. Unintera generazione sfida i propri genitori, le proprie tradizioni, le immagini diventano visionarie, si riempiono di significati più ambigui e oscuri. I concetti di Bene e Male si arricchiscono di valenze e ipotesi. Si aprono porte, ripostigli e armadi dentro ai quali si celano i segreti dellanima e nuovi passaggi segreti conducono a universi paralleli e a incubi primordiali. Il diavolo (nuovo simbolo della liberazione culturale, sessuale) esce dal guscio in cui era stato conservato (e forse imprigionato) e si presenta come unentità reale che circonda luomo seguendolo, inseguendolo e perseguitandolo. Per il cinema è linizio di un periodo florido sia per il genere horror, sia per quel sotto-genere che ci riguarda. Il tema della possessione caratterizza molti film. E la paura dellaltro che si insinua nella nostra mente e nella nostra anima. Chi ci salverà da questo terribile senso di disorientamento? Roman Polanski nel 1968 con \"Rosemarys Baby\" (id.) inaugura una stagione di terrori soprannaturali nei quali la presenza del Malefico si annida dietro i volti delle persone più rassicuranti: New York si trasforma in una città anonima, ferita, popolata da anime perdute in cerca di una nuova spiritualità attraverso messe nere, patti diabolici, simboli osceni. \"Rosemarys Baby\" segna un momento importante di frattura con il passato e intraprende un inedito percorso verso la definizione di un nuovo genere. Spetta però a William Friedkin, cinque anni dopo, ad ufficializzare con \"Lesorcista\" (The Exorcist) - grazie al successo al botteghino ma anche grazie ai misteri che si nascondono dietro la lavorazione del film (importante approccio mediatico e pubblicitario trentanni prima di \"The Blair Witch Project\"), la definitiva consacrazione di un fenomeno culturale che vede il suo apice negli anni settanta, ma che ritorna con vigore in questo scorcio di fine millennio. Due film che utilizzano lo stesso tema: il corpo usato come strumento da parte delle forze del male, impersonificate dallo stesso Signore del Male, che non esitano ad abusarne. Il corpo diventa luogo dove è combattuta la battaglia più cruenta tra spiritualità e materialismo, tra la tradizione e il progresso rampante (vedi yuppies). Il diavolo rappresenta lultimo baluardo prima del controllo totale delluomo su se stesso. Mentre \"Rosemarys Baby\" è terrorizzante perchè il Male nasce e si sviluppa allinterno di una realtà così quotidiana, così normale, così tranquilla, Lesorcista compie il processo inverso dove il vero terrore è rappresentato dai presagi che portano alla terribile rivelazione di una realtà tanto inimmaginabile, quanto sconvolgente. Il successo commerciale proietta la figura del diavolo al centro dellattenzione di Hollywood e del cinema ufficiale come nella trilogia di Damien costituita da \"Il presagio\" (The Omen, 1976) di Richard Donner, da \"Damien\" (Damien Omen II, 1978) di Don Taylor e dallinutile capitolo finale \"Il conflitto finale\" (The Final Conflict, 1981) di Graham Baker dove lAnticristo è ormai adulto ed è pronto a dominare il mondo oppure dai capitoli successivi (ma che non hanno nulla a che fare con lo splendore maledetto del primo) come \"Lesorcista II: leretico\" (The Exorcist II: The Heretic, 1977) di John Boorman, \"Lesorcista III\" (The Exorcist III, 1990), in cui è lo stesso autore del fortunato romanzo, William Peter Blatty, a trovarsi dietro la macchina da presa. Ma anche il cinema quasi clandestino, che ha quindi una circolazione limitata, proveniente soprattutto dallItalia e dalla Spagna, si cimenta in quello che facilmente diventa un filone doro. Vengono riciclate idee e suggerimenti, emozioni e immagini, rendendole più facilmente accessibili, arricchendole di sesso e di violenza, per un pubblico non particolarmente esigente: \"Antechristo\" (1974), \"Chi sei?\" (1974), \"La Endemoniada\" (1974), \"Exorcismo\" (1974), \"Il medaglione insanguinato\" (1974), \"Lossessa\" (1974), \"Un urlo nelle tenebre\" (1974), \"Altro inferno\" (1981). Infine, il demonio ha facilmente conquistato anche lultimo decennio trasformandosi e adattandosi alle nuove esigenze. Film come \"Ascensore per linferno\" (Angel Heart, 1987) di Alan Parker e \"Lavvocato del diavolo\" (The Devils Advocate, 1996) di Taylor Hackford mostrano il \"Signore delle Tenebre\" attraverso lo specchio delle illusioni, ma il suo fascino rimane intatto, seducente e attraente come mai lo era stato, pericoloso e subdolo, potente, cinico e crudele. Così come lo è diventato il potere delle immagini, della pubblicità, dei sogni materiali, di una epoca che vede non più con i propri occhi ma con quelli degli altri. E il diavolo? Il diavolo è sempre qui, ci accompagna, ci spia. Lo ha sempre fatto e probabilmente lo continuerà a fare, indisturbato dai nostri inutili tentativi di dargli un aspetto e una sensibilità specifica. Perché anche se i sogni muoiono allalba, gli incubi non finiscono mai.  
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